La Nuova Sardegna

La denuncia

Il suo bimbo combatte contro un tumore, l’Inps non le rinnova il congedo

Il suo bimbo combatte contro un tumore, l’Inps non le rinnova il congedo

La storia di Alice Manconi, originaria di Macomer e residente a Torino: «Mio figlio, 6 anni, ha un neuroblastoma al quarto stadio. Io devo stare con lui, non posso rientrare al lavoro»

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Sassari La vita cambia all’improvviso nel luglio del 2023. Alice è in ospedale con il suo bimbo più piccolo che lamenta un dolore alla gamba. Quello che doveva essere un banale controllo si conclude con una diagnosi terribile: il figlio di Alice, quattro anni e mezzo, ha un neuroblastoma al quarto stadio con metastasi diffuse in tutto il corpo. Da allora il piccolo ha affrontato vari cicli di chemioterapia e radioterapia, due autotrapianti di midollo, un intervento chirurgico. Non va a scuola, perché é immunodepresso, ed è la mamma a fargli da maestra. Lei si chiama Alice Manconi, ha 44 anni, è sarda di origine (Macomer) da parte di madre e anche di padre, si occupa di marketing per una importante azienda di telefonia e il suo lavoro le piace molto. Sino a quel giorno di luglio Alice e la sua famiglia, il marito e i due bambini, avevano una vita tranquilla, serena, con pochi sussulti. Da allora è stato tutto diverso. «Vivo accanto al mio bambino 24 ore su 24, lui ha bisogno di me. Ma ho paura».

Alice ha paura perché il permesso per assentarsi dal lavoro è scaduto a ottobre e l’Inps non rilascia la certificazione necessaria per rinnovarlo. «Chiedo aiuto, perché non voglio licenziarmi, non è giusto che debba rinunciare al lavoro e al reddito che mi dà. Ma non posso lasciare il mio bambino perché, è evidente, la priorità è lui e il mio posto è al suo fianco».

Luglio 2023 A dare la notizia quel giorno sono sette medici riuniti in una stanza. Sono tutti oncologi. Quando Alice si ritrova di fronte a loro capisce che la situazione è molto grave ancora prima che dicano una sillaba. «Ricordare quel momento fa male, sapere che tuo figlio combatte contro una malattia così terribile è una pugnalata. Ma allo stesso tempo capisci che non c’è tempo per piangere, bisogna agire». E allora ecco che questa mamma lacerata dal dolore si stringe al suo cucciolo come una leonessa, caccia indietro le lacrime e tira fuori grinta e determinazione. C’è il suo tesoro più grande da curare, da proteggere, da salvare.

Via dal lavoro La pratica di congedo viene avviata direttamente dall’ospedale Regina Margherita di Torino dove il figlio di Alice è in cura. Inizia l’iter di visite, controlli, chemio e radio, alti e bassi di un percorso lungo e difficile. La famiglia è seguita e sostenuta dall’équipe dell’ospedale, con amore e professionalità. Il bambino affronta lunghi ricoveri , anche a Natale è in ospedale. Si va avanti con fiducia, pronti ad assaporare ogni piccolo miglioramento. Ma dopo un anno il congedo di Alice scade e lei ha bisogno del rinnovo. È allora che scopre quanto la burocrazia possa essere nemica, un muro difficile da scavalcare anche per chi, come lei, è una mamma pronta a tutto per il bene dei suoi figli.

Il certificato L’aspetto paradossale di tutta la vicenda è che la burocrazia ha bisogno delle prove: vuole essere sicura che al bimbo di Alice, che da un anno e mezzo affronta una battaglia durissima, debba essere riconosciuta la disabilità. E che la sua mamma abbia davvero il diritto di stare accanto a lui. «La mia domanda – racconta Alice Manconi – è stata accolta solo in via provvisoria, in attesa della certificazione del bambino che la commissione Inps vuole vedere di persona. Era stata fissata una visita, il 24 ottobre, ma quel giorno mio figlio aveva una seduta di radio. Ho scritto, ho spiegato che è immunodepresso, che sarebbe un grosso rischio per lui andare fisicamente davanti alla commissione. Mi hanno risposto che non possono rilasciare un certificato a scatola chiusa...».

Ieri finalmente uno spiraglio: Alice è stata contattata dall’Inps, le è stato detto che il suo caso è in corso di valutazione. «Me lo auguro, spero che la burocrazia ci venga incontro. Siamo noi i primi a desiderare un ritorno alla normalità, che significa rientro al lavoro per me e a scuola per il mio bambino. Ma per ora non è possibile. E sino a quando non accadrà. io devo e voglio stare accanto a lui». (si. sa.)

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