La Nuova Sardegna

L’intervista

Dalla Siria alla Sardegna: la storia di Moustafa cresciuto con la maglia di Vieri, oggi Oss e attore

di Massimo Sechi
Dalla Siria alla Sardegna: la storia di Moustafa cresciuto con la maglia di Vieri, oggi Oss e attore

Il 41enne racconta il grande amore per l’isola, la fidanzata sarda e le emozioni dopo la liberazione del suo paese dal regime di Assad

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Sassari «Oggi in Siria, dopo la caduta di Assad, c’è un misto di estrema felicità e di preoccupazione. Sono convinto che chiunque andrà al potere ora non potrà mai essere peggio di una dittatura durata 41 anni che ha ucciso oltre un milione di persone e costretto altri 7 milioni a scegliere l’esilio, abbandonando la loro amata terra».

Moustafa Khlaf è nato e cresciuto ad Aleppo, in Siria, ma vive in Italia dal 2008. Era arrivato a Venezia appena diciassettenne per raggiungere il padre, imprenditore nel settore delle costruzioni. L’anno successivo si è trasferito in Sardegna, stabilendosi a Sassari, dove tuttora risiede. «Quando la nave stava attraccando a Olbia, guardando questa meravigliosa isola, dissi a mio padre che sarei rimasto qui per sempre. È stato un vero colpo di fulmine: oggi posso dire che ho il cuore che batte sardo».

In questi giorni, il suo cuore batte forte di gioia per gli avvenimenti in Siria. Ha sentito qualcuno dal suo Paese?

«Sì, sono riuscito a contattare diversi familiari e amici. Mi hanno raccontato di un’atmosfera di grande euforia. Ci sono persone che sono state liberate dal carcere in questi giorni e che non ricordavano nemmeno il proprio nome, per far comprendere l’entità delle sofferenze patite. Un pilota che si era rifiutato di bombardare il proprio Paese era rinchiuso in prigione dal 1982. Con la legge dell’emergenza, Assad ha fatto imprigionare migliaia di persone senza che i loro familiari potessero avere informazioni sulla loro sorte. Molti sono stati torturati e uccisi in questi anni. Per questo motivo, la prigione militare di Sednaya, situata a 30 chilometri a nord di Damasco, è diventata oggi il simbolo della libertà ritrovata».

Perché proprio in Italia?

«Il mio sogno è sempre stato arrivare in Italia. Sono cresciuto con la maglietta di Vieri addosso e quando ho avuto la possibilità di partire e raggiungere la mia famiglia, non ci ho pensato due volte. Oggi ho conseguito l’abilitazione come operatore sociosanitario e faccio anche l’attore».

Cosa pensa dei ribelli che hanno spodestato Assad? E quali sono le sue preoccupazioni?

«In Europa si tende sempre a etichettare tutto. Io penso che chi ha liberato la Siria sia paragonabile ai partigiani che liberarono l’Italia dal regime fascista. Sono convinto che lo abbiano fatto unicamente per l’amore verso la propria terra. Se parliamo delle preoccupazioni, non possiamo non interrogarci sugli interessi di chi ha finanziato i ribelli. Qualsiasi persona intelligente oggi si chiede quale sarà il prezzo da pagare per ricambiare il favore di aver contribuito in modo determinante alla caduta del regime di Assad. Di certo, Russia e Iran si trovano ora in una posizione estremamente difficile. La Russia ha perso il suo avamposto in Medio Oriente, mentre l’Iran, che ha sempre agito con subdoli calcoli nella speranza di ricreare l’antica Persia, non può più contare su un regime amico. Entrambi oggi hanno perso».

Ora che è caduto Assad, pensa di tornare in Siria?

«Come le dicevo, sono innamorato della Sardegna, qui ho scelto di vivere. Tuttavia, vorrei tanto far vedere alla mia fidanzata sarda le strade nelle quali sono cresciuto e ho giocato da bambino. Ripeto sempre che toccare un muro di Aleppo è come toccare un pezzo di storia. Mi piacerebbe tornare nella mia terra, ma il mio futuro è in Sardegna».

Quale augurio per la Siria?

«Vorrei che questi giorni di libertà portino finalmente un futuro sereno per il mio popolo, che per 41 anni ha dovuto vivere sotto un regime dittatoriale, prima con Assad padre e poi con il figlio. Mi auguro che in Europa, e in Italia in particolare, i ribelli non vengano etichettati tutti come jihadisti. Vorrei che la mia Siria possa essere libera, multietnica, multireligiosa e laica e che sappia guardare al domani senza pensare solo al passato, praticando, per quanto possibile, la politica del perdono».

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