La Nuova Sardegna

La storia

Con i gioielli d’oro, il corallo e il filindeu la pasta diventa capolavoro

di Francesco Zizi
Con i gioielli d’oro, il corallo e il filindeu la pasta diventa capolavoro

L’arte dell’intreccio è alla base delle creazioni di un’artigiana di Sennori

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Sennori Gianfranca Dettori, originaria di Sennori, ha saputo trasformare una tradizione antica e preziosa in un’opera d’arte che racconta l’anima più autentica della Sardegna. La sua storia inizia con il filindeu, un’antica pasta fatta a mano del Nuorese caratterizzata da una preparazione complessa. Ma l’intuizione di Gianfranca va oltre la tavola: quella trama perfetta, frutto di un’abilità tramandata per generazioni, è diventata l’ispirazione per creare un gioiello unico. Al filindeu ha applicato decorazioni con filigrana sarda, seta e resinato il tutto.

Il filindeu è conosciuto per essere una delle paste più rare e complesse al mondo. Realizzarlo richiede pazienza, tecnica e una straordinaria abilità manuale. Gianfranca racconta come il processo inizi con un semplice impasto a base di semola di grano duro e acqua, lavorato a mano fino a raggiungere una consistenza elastica e uniforme. Da qui, l’impasto viene suddiviso, arrotolato e tirato con delicatezza per creare fili sottilissimi, quasi dello spessore di un capello. Questi fili vengono poi intrecciati in una trama delicata, sovrapposti in strati e lasciati essiccare su un piano realizzato con foglie di asfodelo.

Tradizionalmente, il filindeu è servito in brodo di pecora e arricchito con pecorino fresco. Tuttavia, il desiderio di Gianfranca di rendere eterna questa tradizione l’ha portata a guardare oltre quello che potrebbe essere un alimento. Dopo anni di lavoro e sperimentazioni, ha trovato un modo per preservare la trama unica del filindeu, trasformandola in gioielli artigianali. «Mi sono chiesta come potessi rendere tangibile questa bellezza, e l’idea di trasformarla in gioielli è nata quasi per caso. Già avevo iniziato a decorare i dolci sardi, poi da lì l’idea di farlo anche con il filindeu, ma c’era un problema: senza un trattamento adeguato la pasta si sarebbe deteriorata col tempo», spiega Gianfranca. Con l’aiuto di esperti di materiali come la resina, seta e filigrane, è riuscita nel suo intento di creare ciondoli durevoli nel tempo e decorati a mano libera, e per garantire l’originalità del suo lavoro, ha registrato il marchio e il design con il nome “GD Filos”.

La realizzazione di questi gioielli non è dunque solo il frutto della sua inventiva, ma anche di una rete di collaborazioni con altri artigiani sardi, che aggiungono unicità e valore alle sue creazioni. Gianfranca collabora con Maria Corda di Orgosolo, che fornisce la seta, Davide Simula, proprietario del negozio La Corallina ad Alghero, che contribuisce con il corallo rosso, e l’orafo Elia Idini, specializzato nella filigrana sarda. Grazie a queste collaborazioni, ogni gioiello diventa una piccola opera d’arte che celebra le molteplici tradizioni dell’isola. «Per me l’unione fa la forza, collaborare con dei bravi artigiani mi rende orgogliosa».

Ogni pezzo racconta una storia: il filindeu rappresenta l’antica abilità delle donne sarde, il corallo di Alghero richiama il mare e la filigrana evoca la raffinatezza dell’arte orafa isolana. Per Gianfranca, però, non si tratta solo di creare un prodotto. I suoi gioielli hanno una missione più ampia: portare la Sardegna nel mondo.

La sua visione è quella di presentare le sue creazioni in contesti che valorizzino la cultura e la storia dell’isola, come siti archeologici, castelli e musei, rendendo omaggio alla ricchezza del patrimonio sardo. «Voglio che i miei gioielli siano un simbolo di identità culturale, qualcosa che possa raccontare la nostra storia e il nostro legame con la terra», afferma. Al tempo stesso, Gianfranca si impegna a trasmettere queste tradizioni alle nuove generazioni. E la sua dedizione non passa inosservata. I suoi gioielli hanno iniziato a suscitare curiosità e ammirazione ben oltre i confini locali. «Mi fermano spesso per strada chiedendomi dove acquistare i miei ciondoli e quando gli dico che sono fatti con il filindeu non ci credono», conclude sorridendo.

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