"Diffamatoria petizione contro nomina Vattani", il Tribunale condanna giornalista
29 ottobre 2024
2 MINUTI DI LETTURA
Roma, 29 ott. (Adnkronos) - Il Tribunale di Genova ha oggi condannato il giornalista Lorenzo Tosa, direttore di Next quotidiano, per aver diffamato Mario Vattani, attuale Commissario Generale per l'Italia a Expo 2025. I fatti risalgono al 2021, quando Vattani fu designato ambasciatore d’Italia a Singapore e Tosa promosse sul sito “change.org” una petizione per chiedere al presidente della Repubblica di revocarne la nomina, facendo riferimento a condotte violente relative a fatti risalenti a oltre trent’anni prima (un'aggressione con due feriti gravi avvenuta al cinema Capranica di Roma il 9 giugno 1989), nonostante il diplomatico fosse stato allora assolto dalla Corte d’assise di Roma con formula piena, “per non aver commesso il fatto”. La sentenza di oggi conferma il provvedimento emesso in sede cautelare dal Tribunale di Genova, che, già nel 2021, aveva ordinato a Tosa di rimuovere la petizione, ribadendo come il testo costituisse “un chiaro esempio di travisamento e manipolazione di uno specifico fatto storico”, con il quale è stata volontariamente realizzata “una distorsione rispetto all'intento informativo dell'opinione pubblica”. Un modo di agire, dunque, che secondo i giudici non integrava il diritto di critica ma la diffamazione. Nei giorni scorsi, a ridosso dell’udienza conclusiva della causa civile, in difesa del direttore di Next quotidiano si era schierato l’Ordine dei giornalisti, che aveva definito “intimidatoria” l’azione legale intrapresa da Vattani. “Non nascondo la mia soddisfazione per questo provvedimento del Tribunale di Genova che segna in maniera netta il confine tra ciò che è diritto di critica, e ciò che invece è una deliberata aggressione alla reputazione di un individuo, e non fa altro che intossicare il dibattito - ha detto all'Adnkronos Vattani commentando la sentenza - Sono provvedimenti importanti che hanno rafforzato in me la convinzione che non bisogna mai rinunciare a far valere le proprie ragioni in sede legale di fronte a questi linciaggi mediatici”.