La Nuova Sardegna

L’intervista

Giancarlo Magalli: «Pippo Baudo si offese per una battuta su pecore e pastori sardi. Sanremo? Non mi vollero i discografici»

di Alessandro Pirina
Giancarlo Magalli: «Pippo Baudo si offese per una battuta su pecore e pastori sardi. Sanremo? Non mi vollero i discografici»

Il conduttore si racconta in un libro: «Da bambino andavo sul set con mio padre: alla Lollobrigida feci vedere il pisellino su istigazione dei tecnici»

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Fantastici sono stati i 60 anni di carriera che lo hanno visto protagonista nei principali programmi della Rai. Fantastici sono stati gli artisti intercettati sulla sua strada fin da quando era bambino. E “Fantastici. Ricordi, amicizie, incontri” è il libro, edito da Sperling & Kupfer, in cui Giancarlo Magalli ha deciso di raccontarsi. Un volume che arriva dopo la difficile battaglia contro un linfoma alla milza.

Magalli, innanzitutto come sta?

«La salute va sempre meglio. Lentamente ho ripreso a fare tutto quello che devo fare. Diciamo che non faccio i salti a ostacoli, ma l’età c’è e anche senza la malattia non li avrei potuti fare».

Perché solo ora un libro sulla sua carriera?

«Più che un libro sulla carriera è sulle persone che ho incontrato. Ho tanti aneddoti su Manfredi, Totò, Sordi, Baudo. Li avevo sempre raccontati tra amici. Più volte mi avevano detto di scrivere un libro. Ora ho più tempo libero e ho detto sì a Mondadori».

Il suo primo incontro “fantastico”?

«Mio papà lavorava nel cinema e quando ero piccolino mi portava sul set. Io ero un po’ la mascotte. Humphrey Bogart mi teneva sulle ginocchia. Ava Gardner mi prese in braccio. Su istigazione dei tecnici feci vedere il pisellino alla Lollobrigida. Io non sapevo neanche chi fossero. Poi mi sono appassionato anche io al cinema e ho iniziato a farlo. Papà mi raccomandò a un produttore e mi prese come stagista. Feci diversi film con Aldo Fabrizi e Totò, che adoravo».

Diventerà attore con “L’imbranato” girato in Sardegna.

«Per tanti anni sono stato l’autore di Pippo Franco. In quel periodo stavamo lavorando a una commedia e dovevamo finirla. Durante l’estate Pingitore gli offrì questo film, ma io dovevo stare a contatto con lui. “Fai una parte anche tu”, mi disse. E così partimmo per Baja Sardinia. Sembrava di stare in vacanza. Anzi, lo eravamo».

Il suo maestro televisivo?

«Mario Riva. Amavo la sua bonomia, la sua simpatia. Forse fu vedendo lui al Musichiere che mi è venuta voglia di fare questo lavoro. Anche se ai tempi c’erano un canale e due conduttori. Pensare di fare tv era come volere diventare astronauta».

Boncompagni è stato determinante per la sua carriera.

«È stato decisivo per tante cose. Gianni venne ad abitare nel mio palazzo e tramite i miei genitori lo aiutai a entrare in Rai. Gli fecero fare “Bandiera gialla” e lui mi tirò dentro. Siamo sempre rimasti amici e abbiamo lavorato tanto assieme. A partire da “Pronto Raffaella?”. Gianni era un genio: mi manca».

Il suo rapporto con la Carrà?

«L’ho conosciuta perché era la fidanzata di Gianni. Quando andai a vivere in centro le affittai casa. Lei voleva comprarla ma poi io decisi di tornare. Si liberò un appartamento sopra di due piani identico al mio e lei mi disse: “io lo compro e tu vai su”. Insomma, ci scambiammo casa».

Il successo di “Pronto Raffaella?” fu travolgente.

«Quando la Rai, grazie a Corrado e al Pranzo è servito, capì che bisognava mettere qualcosa a mezzogiorno, chiese a me e Boncompagni. Inizialmente lo avevamo scritto per Gianni Morandi, ma cambiò idea e dirottammo su Raffaella. Il programma partì in sordina, nessuno voleva venire, poi esplose e gli ospiti facevano la fila. Nilde Iotti fece anticamera per settimane. Raffaella, a quel punto, un po’ si montò la testa: voleva il Papa, l’ambasciatore americano e quello sovietico per siglare la pace sul suo divano...».

Il suo volto diventò familiare quando dovette sostituire Enrica Bonaccorti. Senza il suo temporaneo forfait la carriera di Magalli sarebbe stata diversa?

«Io avevo già avuto la mia occasione 4 anni prima quando Boncompagni mi fece condurre “Illusione”. Ottime critiche ma la Rai non mi offrì nulla. Invece, la volta della Bonaccorti mi misero subito sotto contratto. La differenza è che prima non c’era posto. Poi invece Corrado, Mike, Sandra e Raimondo, Baudo, la Carrà se n’erano tutti andati e si sono detti: teniamoci questo».

“I fatti vostri” è stata per trent’anni casa sua...

«Un programma che mi stava bene addosso e un pubblico che mi voleva bene. Ho intervistato 5mila persone».

Oggi le dispiace avere solo una rubrica settimanale ?

«Non erano obbligati a chiamarmi. È stato Michele Guardì a volermi in amicizia».

Per anni Magalli veniva chiamato per risolvere i problemi della Rai. Il più clamoroso fu il Fantastico di Montesano.

«Dovevo cercare di tenere a galla lo show fino al 6 gennaio e ci sono riuscito. Per un periodo sono stato il salvatore della patria. E spesso le sostituzioni andavano meglio dell’originale».

La prefazione del libro è di Pippo Baudo, amici da una vita. Avete mai litigato?

«Lo scrivo anche nel libro, e c’entra la Sardegna. Pippo era andato via dalla Rai e voleva tornare, era sempre lì a viale Mazzini: faccio anche le previsioni del tempo. Nello stesso periodo venne fuori che un gruppo di pastori sardi aveva progettato il suo rapimento. Io dissi: “il nostro è un mestiere pericoloso, ma c’era anche da aspettarselo, Pippo è talmente pecora che quando i pastori lo vedono...”. Non la prese bene e me lo fece sapere».

Lei è uno dalla battuta tagliente. Una di cui si è pentito?

«Io faccio battute per ridere, non per fare polemica. Le uniche di cui mi pento sono quelle su Adriana Volpe. Non volevo offendere, ma da lì è partita una catena di sfortunati eventi che hanno creato una cosa lunga sette anni tra cause e tribunali».

Ora è finita?

«Sì, ci siamo abbracciati».

Il rimpianto della carriera?

«Tutti abbiamo le occasioni mancate. Forse la più grossa risale a parecchi anni fa quando il Comune di Sanremo chiese di farmi condurre il festival, la Rai era d’accordo ma si mise di traverso l’associazione dei discografici: Magalli fa battute, noi investiamo i soldi sui cantanti e lui li distrugge».

Le sue origini sono a Calangianus: manca da molto dalla Sardegna?

«Qualche anno. Mi piacerebbe tornarci. Quando feci “L’imbranato” venni con la moto. Girai tutta la natia Gallura, non solo Calangianus dove andai a trovare qualche residuo parente. Ecco, mi piacerebbe rifare quel tour insieme alle mie figlie. Questa volta in macchina, però».

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