Andrea Segre: «Ho fatto il film su Berlinguer per colmare un vuoto nel cinema»
Il regista a Cagliari con l’attore protagonista Elio Germano per presentare “La grande ambizione”
Dalla grande ambizione di Berlinguer. Alle ambizioni (forse un po’più piccole) della politica di oggi. Un film sul passato (ma anche sul futuro) finisce per diventare sempre un invito a riflettere sul presente. Andrea Segre, regista di Berlinguer-La grande ambizione, prima della presentazione del film sul segretario del Pci a Cagliari, non si tira indietro: «Credo che questa memoria possa aprire delle domande sull’oggi. Le persone che fanno parte di questa storia si organizzavano, lavoravano, lottavano. Oggi non c’è più nessuno che dice che vuole fare socialismo nella democrazia. Credo che comunque ci siano tanti pezzi di azione sociale, politica, collettiva, in giro per l’Italia e per l’Europa, che si occupano dei temi che avevano a che fare con quella storia. Si occupano di temi come lo sviluppo sostenibile, le diseguaglianze, la pace, l’interazione tra i popoli, il superamento del colonialismo, la difesa della democrazia. Tanti si occupano di questo. Che ci sia però un’organizzazione che se ne occupi in maniera collettiva come hanno fatto in quel periodo, sicuramente in questo momento, questo lo possiamo discutere e fa parte del nostro confronto».
Altri tempi, nientemeno che mezzo secolo fa. «Poi c’è sicuramente una differenza strutturale – spiega – nel rapporto tra politica e società che è appunto l’assenza dei corpi intermedi, dei partiti. Quello chiaramente ha modificato il rapporto tra l’individuo e la politica. Molti oggi dicono: i politici sono tutti uguali, non si occupano di noi cittadini. La domanda sarebbe da rivolgere non solo ai politici ma a tutti i cittadini in generale: quanti si occupano davvero del collettivo che non è legato a un nostro interesse privato, perchéquesto erano quelle persone. Molte di quelle persone che hannofatto parte di quella storia dedicavano ore e ore a mettere aposto la Casa del Popolo, la sezione, preparare la testa dell’unità, distribuire il giornale, distribuire il volantino gratis. Quanti di noi lo fanno? ».
Elio Germano, protagonista del film, dalla Sicilia alla Sardegna. Prima era Matteo Messina Denaro. Ora è Berlinguer. «Se prendiamo un episodio come Portella della Ginestra – spiega l’attore – per citare una parte della storia del nostro Paese, scopriamo che chi non voleva la realizzazione della democrazia nel nostro Paese era parte di forze che collaboravano tra loro. Quindi anche la criminalità organizzata, che ha collaborato per impedire la realizzazione della democrazia nel nostro paese. Poi il Paese ha sempre retto: questo era il motivo per cui Berlinguer- che è proprio quello che raccontiamo nel film- aveva bisogno dell’appoggio della Democrazia Cristiana per legittimare il Partito comunista e non avere problemi con i due blocchi, nessuno dei quali voleva consentire questo socialismo nella democrazia che dava fastidio diciamo a entrambi gli schieramenti».
Perché Berlinguer? «Abbiamo deciso di occuparci di un vuoto che effettivamente era nella storia del cinema italiano – spiega Segre – cioè non soltanto Berlinguer: il popolo che componeva il Partito Comunista Italiano e che era un terzo della società italiana non era mai stato raccontato: che cosa c’è dietro a questa assenza? Ci sono tante domande che riguardano questo vuoto, questa assenza e quindici ci auguriamo che il film collabori al rapporto con questa memoria”. Per Germano, dopo il siciliano, il sardo. E bisognava “sardizzare” l’interpretazione. «È stato difficile – questa la risposta – è stato davvero difficile».