La Nuova Sardegna

L’intervista

Marco Columbro: «Lorella unica amica, gli altri conoscenti. No ai reality, tornerei in tv per una serie»

di Alessandro Pirina
Marco Columbro: «Lorella unica amica, gli altri conoscenti. No ai reality, tornerei in tv per una serie»

Il conduttore racconta la sua carriera tra teatro, cinema e tv: «I miei esordi sul palco con Dario Fo, Celentano sul set era un giocherellone

01 novembre 2024
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Nella Canale 5 dei senatori, quella del Biscione e dei premi in gettoni d’oro, si era conquistato uno scranno al fianco di Mike, Corrado, Sandra e Raimondo. Marco Columbro era uno dei volti principali di quella tv spensierata e mai volgare. Dal mattino al preserale, è stato un precursore di quelle fasce della giornata televisiva, per poi formare insieme a Lorella Cuccarini una delle coppie più amate della storia del piccolo schermo. Un aneurisma cerebrale ha poi messo in standby la sua carriera tv e il telefono ha smesso di squillare. Se l’è accaparrato il mondo del teatro, di cui Columbro, in questi vent’anni, è stato un esponente di primo piano.

Columbro, attore o conduttore: cosa prevale in lei?

«Fino agli anni ’80 prevaleva l’attore. Poi più il conduttore, infine di nuovo l’attore. Insomma, sono due caratteristiche che mi contraddistinguono».

Cosa voleva fare da grande?

«Alle scuole superiori il ricercatore scientifico. Sono diplomato all’Itis, perito di elettronica, e volevo fare ricerca: mi piaceva la parola. Poi ho iniziato a fare teatro, e quindi l’attore, e anche se mi ero iscritto a Psicologia a Firenze, ormai la strada intrapresa era quella...».

Una strada su cui troverà Dario Fo.

«Lavoravo in tv con Franca Rame e c’era anche Dario. Lo conobbi e andavo sempre a vederlo alla Palazzina Liberty. Per me è stata una scuola. Osservavo come si muoveva, i tempi, i controtempi, le pause, il senso del ritmo. Lo osservavo e lo facevo mio. Quando allestì “Histoire du soldat” alla Scala scelse me tra 50 mimi e tre attori. Facemmo due mesi di prova che furono per me significativi per carpire i segreti della recitazione. Da lui ho appreso il grammelot, ovvero il parlare in dialetto senza dire nulla. È una cosa che mi sono portato dietro per anni».

Al cinema lavorò con Adriano Celentano.

«Mi scritturò per una piccola parte: un dj che doveva accogliere un cantante famoso che era lui. Facemmo questa scena, lui rise talmente tanto che mi disse: ora fai altre scene. Tanto la regia era la sua. Celentano era un giocherellone, scherzi su scherzi. Fece arrivare Miki Del Prete sul set a Linate alle 6 del mattino senza che avesse una posa...».

Nel 1980 l’approdo a Canale 5. Ai tempi la rete era gli albori: qual era il clima?

«Bellissimo, facevamo qualsiasi cosa. Non c’erano ostacoli burocratici, non era come l’elefantiaca Rai. Facevamo tutto al momento. Berlusconi veniva giù in studio, apriva la porta, magari con Mike o Dorelli, e ci diceva: “vi divertite vero? E io pirla che vi pago”. Oppure: “mi raccomando, noi siamo una grande famiglia che batteremo la Rai”. Noi ci guardavamo straniti, ai tempi trasmettevamo solo in Lombardia. Ma lui aveva visto il sogno, aveva una visione molto più ampia e ci è riuscito».

Il rapporto con Berlusconi?

«Fraterno, non era solo il mio capo. Era un compagno anche di giochi. C’era un’atmosfera di grande creatività, ci caricava in un modo pazzesco».

Quando scese in politica condivise la sua scelta?

«Me lo rivelò una sera a cena a casa. Ricordo che gli dissi: “ma sei sicuro? Quel mondo lì è pieno di sciacalli che non vedono l’ora di mangiarti. Non ne vale la pena”. Non mi andava l’idea, ma lui ormai si era convinto».

Lo votava?

«Certo che lo votavo».

Non tutti a Mediaset...

«Io credo lo votassero tutti, perché lo amavano tutti. Veniva in studio e ti chiedeva se avessi bisogno del dentista, di una visita all’Humanitas. Amava aiutare gli altri, lo rendeva felice e tutti lo amavano».

Il rapporto con Bongiorno, Corrado, Sandra e Raimondo?

«Ero amico di Sandra. Con lei e Raimondo ci vedevamo spesso: due persone stupende. Con Mike ci incontravamo in studio, un bel rapporto di simpatia tra colleghi, mi voleva bene. Ugualmente Corrado. Quando Berlusconi volle che facessi Buona domenica, sei ore di diretta, chiamai Corrado per avere qualche dritta e lui: fai quello che hai sempre fatto, va benissimo».

Con Tra moglie e marito diede filo da torcere ai tg Rai.

«Quando Silvio me lo propose gli dissi: “ma andiamo contro due tg?”. Lui: “tanta guerra, tanto onore”. Dopo un anno 4 milioni di telespettatori. Il Messaggero titolò: Columbro destabilizza l’informazione. Scrissi una lettera molto ironica, dal senso: vi brucia un po’ ma lo capisco».

Come nasce la coppia con Lorella Cuccarini?

«Fatma Ruffini, allora direttrice di Canale 5, mi affidò uno speciale di San Valentino insieme a lei. Con Lorella ci troviamo in sala prove, mi fa vedere un video di Ginger e Fred e mi fa: dobbiamo farlo anche noi a specchio. Ma io ballavo solo in discoteca. Comunque, ore e ore di prove massacranti ma alla fine ci siamo riusciti. Lorella è un carro armato, la chiamavo la donna bionica, ha un rigore intrinseco».

Siete ancora molto legati?

«È l’unico rapporto di amicizia che ho nella tv, gli altri sono conoscenti».

Il 7 dicembre 2001 l’aneurisma cerebrale. Cosa rappresenta per lei quella data?

«È stato un punto di svolta. Una cosa molto forte che ha cambiato il corso della mia esistenza. Ha voluto dire staccare da un certo stile di vita e aprirne un altro. Forse dovevo chiudere con la tv per fare altre cose».

La sua carriera tv si è interrotta. Ha mai chiesto a dirigenti e direttori il perché?

«Non ho mai chiesto né mai chiederò. Se lo volevano dire me lo dicevano loro. È stato tutto così strano. Ho ripreso comunque a fare teatro fino al 2017. Mi sono allontanato dalla tv, ma ho continuato a lavorare come attore, ed è andata bene lo stesso».

Ha detto no a decine di reality, per cosa tornerebbe in tv?

«Per una bella fiction, se ci fosse un ruolo...».

Più volte lei ha detto di credere negli alieni e in molti inarcano il sopracciglio...

«Chi crede non conosce. Io sono per la conoscenza, non per la credulità. Io mi baso su dati della ufologia ufficiale. Basti pe nsare che l’Astrophysical Journal afferma che ci sono 2mila miliardi di galassie, dieci volte tanto quanto pensassero. Possibile che in questa enormità di universo esista un solo pianeta abitato? Ritenere che noi siamo gli unici è ridicolo. Forse sono più fuori di testa quelli che la pensano così».

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