La Nuova Sardegna

L’intervista

Barbara Bouchet: «Scorsese un signore, Tarantino zero. Fiera di mio figlio, ma io odio cucinare»

di Alessandro Pirina
Barbara Bouchet: «Scorsese un signore, Tarantino zero. Fiera di mio figlio, ma io odio cucinare»

L’attrice icona del cinema anni ’70 e 80 si racconta: «Ho detto addio ai ruoli sexy a 39 anni prima che mi dicessero gli altri che ero vecchia»

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Simbolo di una stagione cinematografica diventata cult, icona di un’epoca che ancora oggi fa capolino nello stile e nel costume, attrice capace di spaziare dai b-movie ai kolossal. Una carriera unica tra cinema e tv, tra Hollywood e Cinecittà, ma Barbara Bouchet, che i segni del tempo hanno reso ancora più bella, non ha alcuna intenzione di fermarsi. Anzi. In questi giorni è sul set di una serie di Canale 5, “Fragili”, al fianco di Massimo Dapporto e Corinne Clery.

Nata in Cecoslovacchia, cresciuta in Germania, trasferita in America, a Roma dai primi anni ’70. Quando le chiedono di dove è cosa risponde?

«Così: nata in Cecoslovacchia, poi Germania, Usa, Italia».

Cosa voleva fare da grande?

«La ballerina classica. Ho anche studiato, ma sono troppo alta. Non avevo il fisico da ballerina. Ho detto: lasciamo stare».

Come entra il cinema nella sua vita?

«Avevo vinto un concorso a San Francisco e il premio era un provino per un film con Sandra Dee. Non me l’hanno fatto fare. Allora mi sono detta: vado là e me lo cerco io. Ero una ragazza intraprendente. E così a 15 anni sono arrivata a Hollywood. Mi sono iscritta in una scuola per attori e ho cercato lavoro. Vendevo scarpe, poi pollo fritto alla catena Chicken Delight. E andavo a fare i provini. Non era come in Italia, arrivavano ragazze da tutta l’America: lo chiamavano il “cow call”, il richiamo delle mucche. E così ho iniziato a fare piccoli ruoli di uno o due giorni, sempre con attori famosi».

Paul Newman, Jack Lemmon, John Wayne, Marlon Brando: che ricordo ha di queste star con cui divise il set?

«Non è che guardassi le star, guardavo solo cosa potevo fare e potevo guadagnare. Non avevo nessun interesse per i divi».

Com’era Hollywood?

«È un posto dove cerchi lavoro, di farti strada e se non riesci pazienza. Io ho avuto la fortuna di fare un provino con Otto Preminger per “Prima vittoria” con John Wayne, Kirk Douglas ed Henry Fonda e mi hanno messa sotto contratto per sette anni».

Ha qualche rimpianto per la sua carriera hollywoodiana?

«Neanche un po’, ma per carità! Non sarei durata molto. Hollywood è un posto “cane mangia cane”. Mi sarei stufata, non fa proprio per me».

Chi o cosa la portò in Italia?

«Avevo lasciato Los Angeles perché una persona voleva diventassi la sua donna. Io ero una ragazzina, lui un avvocato più grande. Rifiutai le sue avances, si incavolò e disse che mi avrebbe distrutta. Io non capivo, poi mi dissero che era l’avvocato della mafia. Impaurita me ne andai a New York. Poco dopo due produttori italiani vennero negli Usa perché volevano un’attrice americana per il loro film. Il mio agente pensò a me, loro sono venuti a New York per propormi la parte. Era “Colpo rovente”».

Primo di decine di film.

«All’epoca se ne giravamo 6 o 7 all’anno, ero da un set all’altro. L’Italia è stata la mia fortuna».

Da Roma non se n’è più andata: ha mai avuto ripensamenti?

«Una volta sono tornata in America, ma subito dopo mi sono detta: sto troppo bene in Italia. E sono tornata indietro».

Qual è il suo film del cuore?

«Alcuni sono stati grandi successi come “Milano calibro 9”, altri meno. Ma tutti mi hanno portata ad avere una carriera».

E il film che non rifarebbe?

«Ce ne sono stati un paio che non volevo fare, ma il produttore mi diceva: o li fai o scordati anche gli altri. Era un ricatto».

Negli anni ’80 la ginnastica in tv. Come le venne l’idea?

«A 39 anni avevo deciso di lasciare il cinema, perché a 40 anni non mi sembrava più il caso di fare questi film sexy. Mi sono detta: vado via io prima che mi dicano che sono vecchia. Ma io non sto stare senza fare niente. Quando Jane Fonda ha iniziato con l’aerobica ho pensato: questo lo so fare anche io. E sono diventata la Jane Fonda italiana».

Nel frattempo i suoi film sono dei cult. Tarantino si è dichiarato un suo fan, ma poi le ha rifilato una serie di bidoni…

«Con me si è comportato malissimo. E non dico altro».

Martin Scorsese l’ha voluta in “Gangs of New York”.

«Lui è un gran signore, è proprio l’opposto. Il mio non era il ruolo principale, ma a lui dissi: per te sarei venuta anche nuda».

Un rimpianto nella carriera?

«“Il giardino dei Finzi Contini” di Vittorio De Sica, dove poi presero Dominique Sanda. Ma pazienza. Del resto ho avuto una bellissima carriera e devo essere grata all’Italia per quello che mi ha offerto sia come Paese che come lavoro».

Per le nuove generazioni lei è la mamma di Alessandro Borghese. Che effetto fa?

«Alessandro ha avuto qualche difficoltà, perché essere figlio d’arte dà un po’ di problemi. Io invece problemi zero. Anzi, sono molto fiera di lui e quando mi dicono “lei è la mamma di Borghese?” io preciso: anche».

Il suo piatto forte in cucina?

«La mia cucina è chiusa. Odio cucinare, non voglio stare sui fornelli, il mio forno è pieno di pentole. Sono l’opposto di mio figlio. Alessandro ha avuto un padre molto bravo in cucina e da lì è nata la sua passione».

Questa estate ha festeggiato il compleanno a Porto Cervo.

«È stato bellissimo tornare in Sardegna, erano anni che mancavo. Quando i ragazzi erano piccoli ci passavo tre mesi: il padre in città e noi in questo mare stupendo. Alessandro non aveva ancora 18 anni e voleva andare a ballare, ma in Sardegna in discoteca non si va prima di mezzanotte. Il padre lo accompagnava e metteva la sveglia per andare a riprenderlo. Anni così».

Il suo silenzio su Fedez in tv è diventato un meme.

«Eehh... eehh... non è un soggetto di cui mi interessa parlare. Non mi va di criticare e allora sto zitta».

Sui social ha scritto: cinema, teatro e tv... non smetto. Qualcuno le ha detto che dovrebbe?

«No, però magari la gente pensa: con gli anni che ha è meglio che stia a casa. Ma io amo il mio lavoro e finché c’è la salute voglio continuare a lavorare. Ho fatto fatica a farmi accettare non più come simbolo del sesso ma come una donna di una certa età con tutte le mie belle rughe. I ruoli di oggi mi piacciono di più di quelli del passato».

Ha fatto anche la “nonna in freezer”…

«Quel film mi ha sdoganata. Mi ha dato la possibilità di essere accettata per quella che sono adesso».

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