La Nuova Sardegna

L’intervista

Antonella Ruggiero: «Nonno di Padria: l’isola è dentro di me. Reunion con i Matia Bazar? Dico sempre no»

di Alessandro Pirina
Antonella Ruggiero: «Nonno di Padria: l’isola è dentro di me. Reunion con i Matia Bazar? Dico sempre no»

La cantautrice ligure torna con un album dedicato a Puccini a 100 anni dalla morte: «Un progetto surreale: la mia voce insieme alle sue parole»

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Una voce purissima, raffinata, unica nel panorama musicale italiano dove da cinquant’anni è assoluta protagonista. Era il 1974 quando, giovanissima, con il nome d’arte Matia, iniziò il suo cammino artistico che di lì a poco l’avrebbe portata insieme ai suoi compagni di avventura, appunto i Matia Bazar, sulle vette della classifica. Ora Antonella Ruggiero è tornata in sala d’incisione con un nuovo progetto, “Puccini?” - da ieri disponibile in cd, vinile e digitale - in cui si misura con le arie del grande compositore a cento anni dalla sua morte.

Il suo primo incontro con Puccini?

«Risaliamo all’infanzia, anche perché certa musica, certe arie d’opera a casa mia ci sono sempre state. Ho avuto la fortuna di avere genitori che amavano la musica, quella bella, non solo classica ma anche popolare. E dunque anche le arie di Puccini sono state cantate da mia mamma e suonate al flauto da mio papà. Non erano dei professionisti ma erano bravi».

Perché quel punto interrogativo nel titolo dell’album?

«Perché non è una proposta normale. Anzi, è molto surreale. È una proposta molto nostra, mia e di Roberto Colombo, che abbiamo scelto tra tutte le arie di Puccini quelle che ci piacevano e che io ho cantato da tenore o da coro cambiando le tonalità, ma non le cose che lui ha scritto. Il primo approccio con questo progetto risale a più di venti anni fa. Poi visto che la fatidica data era questo 29 novembre (il centenario della morte, ndr) è arrivato il momento di mettere un punto a un lavoro andato avanti con molta calma».

Cosa la colpisce delle opere del grande compositore?

«Tutti dicono che quest’uomo sia stato un grande amatore, conquistatore. Nella mia visione è stato esattamente il contrario. Si è fatto prendere e affascinare dall’intelligenza, dalla sensibilità e, perché no, anche dalla bellezza delle donne. Ne è stato talmente affascinato che il mondo femminile gli ha fatto scrivere quello che ha scritto».

La donna pucciniana che preferisce?

«Tutte loro hanno una caratteristica particolare. Il brano che mi piace di più è tratto dalla “Rondine” ed è “Che il bel sogno di Doretta”, dove vedo una donna sognante che va a cercare ciò che di bello c’è anche in un rapporto sbagliato».

Il suo legame con l’opera?

«Per l’opera, come per le operette e il musical, mi devo forzare per vedere il tutto. Ci sono le storie e non sempre mi coinvolgono. Le storie cantate o recitate non sono la mia passione, ma al loro interno ci sono arie o anche pezzi suonati dalle grandi orchestre che fanno sì che certe cose rimangano in eterno».

La commistione pop-lirica le piace?

«Se è fatta bene sì. Negli anni ’60 i grandi gruppi prog hanno usato a man bassa certe parti sinfoniche ed è a quei periodi strabilianti che mi rifaccio».

Il primo ricordo musicale?

«Forse il primo, ero proprio bambina, è il Coro della Sat che risuonava dentro una stanza. Siamo nei primissimi anni Sessanta. Una di quelle cose talmente suggestive che ti entrano in testa e non vanno più via. Tutte le mie scelte personali sono legate a quello che ho ascoltato».

Cosa prova quando ripensa alla giovanissima Matia che si affaccia nel mondo della musica?

«Noi nasciamo con caratteristiche ben precise. Quel che sono sempre stata da piccola poi l’ho rivisto incontrando i ragazzi che per 14 anni sono stati i miei compagni di avventura. Sono sempre stata interessata a guardare cosa c’era fuori di casa ed entrare nella musica ha sempre fatto parte del mio essere. Con semplicità, ma sempre con impegno e serietà. Anche agli inizi non ho mai fatto un concerto o qualsiasi altra cosa senza senso del dovere o serietà».

Con i Matia Bazar ha inanellato un successo dietro l’altro. Quando li riascolta quale brano le fa dire: questo l’avevamo davvero azzeccato?

«Non mi riascolto mai, ma ripropongo al pubblico pezzi molto amati da me o da chi ascolta. Sono diversi. Da “Cavallo bianco” dove mi buttavo in un mondo sconosciuto usando il falsetto a “Vacanze romane” dove sono diventata una cantante anni Trenta, a “Ti sento”».

Ha lasciato i Matia Bazar nel 1989: le dà fastidio che ancora le si chieda di quell’epoca?

«No, assolutamente. Come dire a Peter Gabriel di non ricordare i Genesis. È stato un periodo molto intenso che mi ha fatto arrivare attraverso la musica di allora a parti del mio pubblico».

Per sette anni è stata ferma, o quasi. È stato difficile riconquistare il suo pubblico?

«Avevo la certezza che avrei ripreso da dove avevo lasciato. Era una mia intima intuizione. Ho ripreso con modalità diverse ma non è cambiato niente. Come quando ci si rivede dopo anni».

Il successo arriva anche da solista. Ancora a Sanremo: due argenti e un bronzo dopo l’oro con i Matia. Eppure il festival non è più nei suoi piani…

«La gara l’ho totalmente eliminata dalla mia prospettiva. L’ho fatto per tanti anni. Oggi non ho più interesse. Tanto la musica la faccio lo stesso e il pubblico mi è molto vicino con affetto».

La Sardegna è molto presente nella sua carriera: quando entra l’isola nella sua vita?

«Posso solo dire che mio nonno, Antonio Cossu, andò via da Padria giovanissimo insieme a mia nonna e non sono mai più tornati. Questo fu per loro un grande dispiacere. È una storia delicata e gentile che io ho vissuto tramite i loro ricordi».

E i suoi ricordi in Sardegna?

«Tanti, anche in luoghi speciali. Quando canti in posti come Nora, le miniere, con le pietre sonanti di Sciola... ».

Oggi che musica ascolta?

«Posso dire quello che non ascolto: le radio, che da anni impongono quello che deve essere ascoltato. Se tu scegli quello che fa bene a te, alla tua intelligenza, alla tua sensibilità, ai tuoi gusti trovi capolavori. E io li trovo. Raramente scopro artisti contemporanei che mi affascinano ma esistono. Cercandoli li trovi, anche se oggi è più difficile per questa omologazione imperante».

In un’era in cui vanno di moda le reunion le è mai stato proposto di riunirsi con i Matia?

«Sì, ma non l’ho mai preso in considerazione. Ho sempre creduto che quando una cosa rimane bella bisogna lasciarla lì».

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