La Nuova Sardegna

L’intervista

Tosca D’Aquino: «Kinski un incubo, Sorrentino è il sogno. Sanremo? Direi sì ma preferisco un bel film»

di Alessandro Pirina
Tosca D’Aquino: «Kinski un incubo, Sorrentino è il sogno. Sanremo? Direi sì ma preferisco un bel film»

L’attrice napoletana sbarca in Sardegna con “Magnifica presenza” di Ozpetek. «Felice di lavorare con lui a teatro, spero capiti pure al cinema»

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Non ha mai fatto un film con Ferzan Ozpetek, non è mai capitato che il regista turco ormai italianissimo la volesse al cinema per uno dei suoi lavori a forte presenza femminile. La chiamata è arrivata per il teatro. Ed è stato subito sì. Tosca D’Aquino è la protagonista di “Magnifica presenza”, al fianco di Serra Yilmaz ed Erik Tonelli, che arriva in Sardegna sotto le insegne del Cedac: dal 19 al 23 febbraio al Massimo di Cagliari e lunedì 24 al Comunale di Sassari.

Tosca, da bambina si vedeva su un palco o sognava altro?

«Io credo di avere deciso di fare l’attrice dentro la pancia di mia madre. Non ho mai avuto un piano B. Ho avuto la fortuna di crescere in una scuola delle suore che aveva un piccolo palcoscenico, un teatrino vero. I nostri non erano spettacolini, ma spettacoli veri e propri. A 6 anni ho fatto la protagonista di “Non ti pago” di Eduardo De Filippo. Le suore mi hanno sempre supportata. Mi sono sempre sentita dire: “Tosca farà l’attrice”».

Aveva dei miti, dei modelli?

«Sono cresciuta guardando il neorealismo: De Sica, Rossellini, Germi. E dunque Anna Magnani, Sophia Loren. Principalmente io ero appassionata di cinema, ma avendo anche la possibilità di andare a teatro. Il primo autore che ho visto è stato Eduardo».

La prima persona a credere in lei?

«Devo tutto ai miei genitori che hanno supportato il mio sogno. A 14 anni ho iniziato a lavorare. A 18, dopo il diploma, mi hanno detto che se dovevo portare avanti questa carriera avrei dovuto fare una scuola. Questa cosa mi ha dato forza, loro mi hanno sostenuta nel provino per l’Accademia Silvio D’Amico, dove sono stata presa e lì è iniziata la mia strada».

Il debutto in tv a Fantastico con Pippo Baudo.

«Io avevo sempre lavorato da ragazzina, ma quando ero alla Accademia era vietato. Io però ero indomita. E così feci il provino per Fantastico. Fu una cosa pazzesca: ai tempi il varietà aveva audience tipo Sanremo. E poi Pippo era geniale: quell’anno si era inventato la sfida tra la Cuccarini e la Martines».

È stata anche uno dei volti della Tv delle ragazze della banda Dandini.

«Esperienza unica, c’era un clima bellissimo. Si sentiva il fermento di una cosa nuova».

Al cinema tra i primi a credere in lei Klaus Kinski.

«Un incubo che purtroppo ho pagato a caro prezzo sotto tutti i punti di vista. Io ero giovane e lui era un folle. Quando sei giovane subisci. Ai tempi non esisteva il Me-too e lui faceva il bello e il cattivo tempo. Terribile».

L’incontro con Leonardo Pieraccioni è invece la svolta.

«Con Leonardo ci conoscevamo da ragazzi. Avevamo anche pensato a un programma alla radio insieme. Mi ha voluta nel suo primo film, “I laureati”, e mi ha richiamata per “Il ciclone”, dove con Giovanni Veronesi mi ha scritto addosso il ruolo».

Come nasce il piripì del Ciclone?

«Era un tormentone che cercavamo insieme. Anche con Panariello andava così. I tormentoni funzionano sempre quando fai un personaggio».

“Il ciclone” resta uno dei maggiori incassi del cinema italiano. Che clima c’era sul set?

«È il classico film giusto al momento giusto. Ragazze bellissime spagnole, la musica, la Toscana. Non ci rendevamo conto che stavamo girando un film dall’impatto così forte, ma quella energia passava eccome...».

Da Pieraccioni a Panariello, regina del sabato di Rai 1.

«Un’ondata di successo strepitoso. Il programma era faticoso, fu un’idea di Giorgio quella di farlo itinerante, ma ci aspettavano nei paesi, nelle città. Avevamo la polizia a scortarci».

Lo show fece tappa anche a Cagliari.

«Ricordi meravigliosi. A Cagliari venne anche Sting».

Del trio toscano, dopo Pieraccioni e Panariello, le manca solo Carlo Conti: le piacerebbe Sanremo?

«Con Carlo ho lavorato più volte, mi ha invitata nelle sue trasmissioni. Loro sono veramente un trio indissolubile. Spesso le amicizie con il tempo si perdono, loro sono il contrario. Sanremo? Se mi chiamassero chiaro che lo farei, ma non è il mio sogno. Meglio un bel film».

Dopo tanta tv e cinema è arrivato anche il teatro.

«È arrivato per ultimo, ma è sempre stato il mio grande amore. Avendo fatto l’Accademia la mia è una formazione teatrale. Il mio sogno era il cinema, ma scoprendo autori come Shakespeare, Cechov, Ibens mi si è aperto un mondo fantastico. Il bello di quando frequenti una scuola è venire a contatto con autori che altrimenti non avresti mai incontrato».

L’incontro con Ozpetek?

«Lui adora i napoletani e mi chiedevo sempre come mai non l’avessi ancora conosciuto. Però io pensavo più al cinema. Quando mi ha chiamata per il teatro ero felicissima, anche se sarei molto contenta di fare anche un film con lui. Il mio è un personaggio cucito addosso a me. Al cinema il mio ruolo era quello di Paola Minaccioni. Lei faceva più la romanaccia, io sono napoletana. Sono due personaggi molto diversi, Ferzan ha messo mano al testo, rendendolo ancora più bello del film. E poi lui è Mida, tutto ciò che tocca diventa oro».

Aveva visto il film?

«Sì, mi era piaciuto molto anche se i miei preferiti di Ferzan restano “Mine vaganti” e “Le fate ignoranti”».

Rimpianti nella carriera?

«No, a parte il fatto che per una donna gli anni passano più che per un uomo. Ci sono dei ruoli che non posso più fare e mi dispiace non essere stata scelta in passato. Ma sono una ottimista e spero di avere tanto anche in questa età più matura».

Un regista con cui vorrebbe lavorare?

«Sorrentino. Qualche volta ci sono arrivata vicina ma non è andata. Io ci spero sempre».

Cinema, tv, teatro: cosa vorrebbe aggiungere?

«Adoro il mio lavoro e non ho velleità di scrivere né di fare la regista. Ammiro e stimo tante colleghe che fanno questa scelta, ma io amo essere diretta».

Un’ultima domanda: cosa è Napoli per lei?

«Posso dire cosa significa Napoli per un’attrice: unica, fantastica. Napoli è un teatro a cielo aperto, tutti fanno la sceneggiata. In strada, al bar, in macchina. Per un’attrice essere di Napoli è una marcia in più».

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