La Nuova Sardegna

L'intervista

Enrico Lo Verso: «Che emozione essere Emilio Lussu, sempre dalla parte giusta»

di Alessandro Pirina
Enrico Lo Verso: «Che emozione essere Emilio Lussu, sempre dalla parte giusta»

Arriva al cinema il film “Il processo”: l'attore e il regista Gianluca Medas a Sassari e Nuoro

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Emilio Lussu finalmente al cinema. Dopo l’anteprima al Riff Awards - Rome Independent Film Festival il film diretto da Gianluca Medas con Enrico Lo Verso nei panni del grande politico e intellettuale antifascista sbarca nelle sale di tutta Italia. La data scelta per l’uscita, quella di ieri, non è stata casuale, visto che cadeva il cinquantesimo anniversario della sua morte. Il film, prodotto da Massimo Casula per Zena Film, in collaborazione con la Nical Films, vede nel cast anche Giovanni Carroni, Marco Spiga, Emanuele Pisano, Mauro Addis, Paolo Angioni, Roberto Boassa, Giuseppe Boy, Francesco Civile, Daniel Dwerryhouse, Jacopo Falugiani, Giuseppe Garippa, Andrea Mameli, Maurizio Mezzorani, Roberto Pettinau, Antonella Piu, Luigi Pusceddu, Filippo Salaris, Romano Usai, Silvano Vargiu, Andrea Zucca. A distribuirlo è MyCulture.

Il 31 ottobre del 1926 la casa cagliaritana di Lussu viene assaltata dagli squadristi. Un giovane fascista viene ucciso da un colpo di pistola esploso dallo stesso politico. A tarda notte Lussu viene arrestato, ma grazie al coraggio dei giudici che gli riconoscono la circostanza della legittima difesa viene assolto. Il film, “Emilio Lussu, il processo”, racconta proprio questa vicenda giudiziaria. Ieri il cast ha presentato il film a Cagliari, oggi, 6 marzo, Enrico Lo Verso, insieme a Gianluca Medas, sarà alle 19 e alle 21 al Cityplex di Sassari, domani 7 marzo al Ten di Nuoro.

Lo Verso, prima di interpretare Emilio Lussu conosceva la sua figura?
«Purtroppo poco, perché lo conoscono in pochi. Io lo conoscevo dal ginnasio, perché avevo letto un suo testo nel libro di antologia. Un testo che poi non sono più riuscito a trovare. Ma mi aveva colpito molto. Più avanti ho letto “Un anno sull’altipiano”, che ho riletto dopo avere girato il film quando era già era iniziata l’invasione russa».

Cosa l’ha colpita di Lussu?
«Il rigore, la dirittura morale, l’essere - si può dire? - sempre dalla parte giusta della barricata».

Come si è avvicinato al personaggio di Lussu?
«Leggendo il libro di Giuseppe Fiori, “Il cavaliere dei Rossomori”, ma forse ne avrei anche potuto fare a meno, perché sul set c’era Gianluca Medas. Appassionato, affabulatore, uno che sa spiegare le cose senza spiegartele. Le raccontava con una luce negli occhi, con una passione che ti faceva arrivare tutto dentro. Stava poi a noi attori ributtarla fuori».

Il film è stato rinviato più volte, ora arriva in sala...
«Il parto del film è stato lunghissimo. Mi avevano chiamato per prenderne parte non so quanti anni prima. Per impegni miei, loro, natali, pandemie non riuscivamo mai a mettere insieme i pezzi. Poi quando sono arrivato a Cagliari ho trovato una troupe con un condottiero-regista che non dico fosse disinteressato all’aspetto estetico formale del film, ma quello passava totalmente in secondo piano. Contava di più quello che dicevamo: tutti dobbiamo raccontare Lussu in modo che possa essere capito, dobbiamo usare ogni mezzo per arrivare allo spettatore. E ci siamo riusciti. Io ho già visto il film in una saletta a Roma e il pubblico era sconvolto dalla creatività, dalla modernità di questo lavoro».

Quanto bisogno di Emilio Lussu ha l’Italia di oggi?
«L’Italia? Il mondo, direi».

Come è stato girare in Sardegna?
«Non avevo mai fatto un film qui, e quando ho girato questo ci sono stato purtroppo troppo poco. Ma molte cose mi sono entrate dentro. Con la Sardegna ho un rapporto interiore, lo sento dal profondo. La prima volta venni in tournée con Paola Quattrini in “Un tram chiamato desiderio”. Fin da subito c’era qualcosa che mi spingeva a tornarci. Forse il mio essere isolano… Ma io arrivo da un’isola, la Sicilia, depredata, stuprata, sempre con il consenso. Aveva ragione don Fabrizio nel Gattopardo: “sono almeno venticinque secoli che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche ed eterogenee civiltà. Tutte venute da fuori, nessuna fatta da noi, nessuna che sia germogliata qui”. Da noi sono venuti tutti, la Sardegna invece mantiene la sua “isolanità”».


 

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