La Nuova Sardegna

Carnevale/S’Orcu ’e Montarvu

I riti antichi che esorcizzavano tutte le paure della comunità

di Federica Coronas *
I riti antichi che esorcizzavano tutte le paure della comunità

A Siniscola l’associazione ha recuperato la storia di figure e danze sacrificali

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La Sardegna presenta un ricco repertorio di maschere zoomorfe protagoniste del rito agrariopropiziatorio che fanno parte di un circuito molto ampio, quello del bacino del Mediterraneo. ASiniscola, l’associazione S’Orcu ‘e Montiarvu si è occupata di recuperare la storia di queste figure, la cui leggenda si perde nella notte dei tempi. Vari studiosi e artisti hanno parlato della bestiasacrificale: la stessa Grazia Deledda ci racconta di maschere simili ad un bue e ad un orso «che ballavano una danza selvaggia accompagnata da gridi malinconici». A Siniscola sono state di fondamentale importanza le testimonianze degli anziani, che hanno reso possibile la rievocazione di un mitotramandato negli anni all’interno della comunità.

In molti paesi le tracce della bestia sacrificale sono andate perdutepresumibilmente con l’avvento del cristianesimo, data la crudeltà con la quale il rito veniva svolto: inizialmente venivano sacrificati gliuomini, poi le bestie, poi ancora si è giunti ad una rappresentazione più "carnevalesca” del rito, il quale rimaneva comunque molto cruento data l’eccessiva presenza di sangue. Essendo un rito pagano e violento, il cristianesimo ha cercato di estromettere il più possibile la bestia sacrificale dalla rappresentazione poiché in essa era concentrato tutto il significato pagano del rito, avvolgendo ancora di più nel mistero la sua figura.

Il filo conduttore del rito è il ciclo della natura, che muore in inverno per rinascere in primavera. La passione, la morte e la rinascita vengono incarnati dalla figura de s’Orcu, un uomo mutato in bestia vestito con la pelliccia di un montone e con il volto coperto dalla fuliggine del sughero bruciato che si nascondeva in una zona precisa del Montalbo, sa Prejone ‘e s’Orcu, un sito ipogeico nuragico che, dapprima con i Nuragici, poi nei colonizzatori Etruschi, Greci e Romani, ha trovato correlazione con il mito di Orcus, divinità romana di origine etrusca simbolo del male e della negatività. Il giorno del grande fuoco la bestia veniva portata in paese e percossa sino alla sua capitolazione; il corpo veniva poi lasciato nelle vie del vecchio centro storico e il suo sangue andava a bagnare la terra per renderla fertile. S’Orcu non era solo nel cammino verso la morte: era accompagnato da su Guardianu ‘e s’Orcu, un uomo vestito a lutto con un giaccone in orbace che aveva il compito di domare la bestia, sa Partorja, un uomo travestito da donna a lutto che andava nelle case in cerca di conforto sia per i dolori della gravidanza che per la morte della bestia e da lì non se ne andava finché non riceveva da bere o da mangiare; su Voe Jacu, un uomo mutato in bue che passava per le vie del paese con un carro carico di anime e muggiva dinanzi alla casa di chi sarebbe morto entro l’anno, su Tintinnatu, il cui nome ha una funzione apotropaica: infatti, deriva sia da su tintinnu, cioè dal suono dei numerosi campanacci che doveva risvegliare la terra dal torpore dell’inverno, che da su thithieddu, cioè lafuliggine del sughero che gli copriva il volto e le braccia.

«L’obiettivo della nostra associazione - spiega Luca Derosas, segretario dell’associazione S’Orcu ‘e Montiarvu - è quello di preservare una parte della storia di Siniscola e di avvicinare le nuove generazioni alle proprie radici. La nostra rappresentazione non è un prodotto commerciale, siamo tra le poche associazioni che non partecipano a manifestazioni in ogni luogo e in ogni periodo dell’anno, e questo è uno dei capisaldi del nostro statuto». Per Matteo Santu, associato di 18 anni «l’impatto emotivo di indossare le maschere del mio paese è veramente forte. È una grande soddisfazione. Siamo un gruppo molto unito, ciò che ci accomuna è la voglia di tramandare la nostra storia». Per Francesco Carta, 27 anni, «Este una cosa chi achimos pro sa zente nostra. Sa bellesa istat in su modu chi onzi idda narrat de sas carotzas suas. S’importante este chi deves dare su significatu veru a su chi ses fachende».

*Federica studia al liceo Pira di Siniscola
 

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