La Nuova Sardegna

Nuoro

Dobbiamo ritrovare la nostra redenzione

di MOSÈ MARCIA *
Dobbiamo ritrovare la nostra redenzione

Il messaggio del vescovo di Nuoro Mosè Marcia ai fedeli «Davanti all’Io esasperato necessario mettere la D di Dio»

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di MOSÈ MARCIA *

Perché far festa per il Redentore? Un secolo fa, Vincenzo L. Jerace lasciò intuire che il volto del fanciullo collocato ai piedi della statua del Redentore è “L'umanità sempre bambina al cospetto di Gesù”. Un bambino, un adolescente diventa adulto quando è capace di scegliere e delle sue scelte se ne assume la responsabilità. Ma per scegliere occorre essere liberi, La festa del Redentore è festa di libertà! La “Redenzione” che Lui, il Redentore, ci ha portato è proprio “redimerci” da ogni tipo di schiavitù per renderci figli liberi di un Dio libero. Con queste poche righe vorrei augurare a tutti i lettori un cuore libero, totalmente libero.

Leone XII salutando il ventesimo secolo, indiceva il Giubileo: “Gesù Cristo Dio è la salvezza”. Poco più di un secolo dopo, all'inizio del terzo millennio, Papa Francesco indice un altro Giubileo: “Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre”. Abbiamo offuscato la nostra libertà, o forse persa del tutto. Non seguiamo Lui, il Cristo Dio nostra salvezza, ma ci diciamo cristiani senza esserlo, e in tanti comportamenti non siamo neppure umani. C'è forse qualcosa degno dell'appellativo “umano” nell’omicidio a Sarule di Antonio Porcu, ucciso dal fratello per questioni di eredità? Ancora Caino e Abele. Quanta umanità ci può essere nel non rispettare la dignità della donna, quando questa deve far ricorso a centri antiviolenza per affrancarsi dalla violenza e ritrovare se stessa? O forse c'è più umanità a ottantasei anni, quando per un mancato testamento, ti senti di privare della vita due tuoi nipoti, colpevoli di accudire una tua sorella?

Perché non darci una “D-ritta”? Basta una “D” per cambiare tante cose nella nostra vita e nella vita della società. Ci portiamo dentro, al centro degli interessi, un “IO” che è diventato spaventosamente il nostro idolo, il nostro dio, cui sacrificare ogni dignità e ci schiavizza in ogni nostro rapporto, da quelli familiari a quelli sociali: la ricerca del dio denaro. L’egoismo nella ricerca del nostro personale star bene. Ci siamo inventati e creati dei bisogni, di cui ora non riusciamo più a farne a meno. Eppure ci rendiamo conto che non sono così essenziali. Se davanti a quell’ “IO” poniamo quella “D” cambia il centro del nostro vivere, cambia lo stesso sapore della vita. Il 7 gennaio scorso, lo scomparso giornalista Giorgio Pisano sulla sua rubrica “Non ci sto” scriveva: «...alla faccia di chi ha smesso di sognare, c’è chi resiste e continua a credere che l’amore sia una cosa meravigliosa per cui valga la pena vivere o morire...».

Gesù Cristo, il volto della misericordia del Padre, il nostro “Redentore” l’ha sempre creduto, vissuto e insegnato. È stato capace di morire d’amore, per riparare i drammi commessi da quel mio “IO” e rimettere al centro del mio vivere quel “DIO”, dall’uomo estromesso dal proprio quotidiano.

Non sarà forse il caso di festeggiare ogni giorno un “D-IO”, Redentore, così innamorato che vuole a tutti i costi la mia redenzione?

* Vescovo di Nuoro

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