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Nuoro

Svelati i primi segreti del sito di “Fusti ’e Carca”

di Giusy Ferreli
Svelati i primi segreti del sito di “Fusti ’e Carca”

L’archeologa Paola Mancini: insediamento romano straordinario, ricco di reperti Tertenia. L’area scoperta nel 2017 durante i lavori dell’Anas per la “nuova” 125

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TERTENIA. Il rinvenimento e lo scavo del sito archeologico di “Fusti ‘e Carca” rappresentano una delle più interessanti scoperte degli ultimi anni. Nella collinetta dominata da olivastri e lentischi, nelle vicinanze di Tertenia e a pochi metri dal nuovo tracciato della Statale 125, era celato un sito destinato a scrivere una nuova pagina della storia della Sardegna e ad inaugurare una nuova stagione all’insegna della sinergia tra privato e pubblico. A quattro anni dal rinvenimento e dopo la inaugurazione del tratto di strada, l’archeologa Paola Mancini, responsabile della campagna di scavo e di restauro, svela per la prima volta i segreti di “Fusti 'e Carca”.

«La frequentazione in età romana – racconta – era attestata da pochi frammenti ceramici, che parevano ricondurre a una delle fattorie di cui erano disseminate le campagne. Da subito, invece, è emersa l’importanza e la grandiosità dell’insediamento sorto lungo l’asse viario romano che collegava il nord e il sud della Sardegna».

Tutto ha inizio nella primavera del 2017 quando l’Anas consegna i lavori del lotto alla ditta De Santis. In quell’occasione l’ archeologa viene incaricata di eseguire dei rilievi in un’ area a ridosso della strada. Sul cucuzzolo affiorano frammenti di ceramica. Pochissimi reperti ma all’archeologa non sfugge che lì possa esserci qualcosa importate. E in accordo con la Sovrintendenza dei beni culturali fa i primi saggi. «Sorprendentemente – racconta – è emerso un primo muro con il classico piede romano». Nel 2017 si delimita l’area interessate dalle opere stradali. Il sito viene scavato integralmente, gli ambienti restaurati grazie al poderoso investimento dell’Anas che, dopo il vincolo della Sovrintendenza dei beni culturali progetta e realizza una variante mentre i reperti vengono portati nel centro di Li Punti. Vengono scavati e restaurati oltre 40 ambienti, per lo più a carattere produttivo (forni, laboratori e pozzi) in un'area di circa un migliaio di metri quadri. Secondo la studiosa il luogo ha avuto una frequentazione lunga: dal IV secolo a.C. al VI secolo d.C. «In questo periodo ci sono state ristrutturazioni edilizie, la più importante avvenuta a seguito di un incendio che ha sigillato per sempre l’ultimo momento di vita di alcuni vani». Un evento terribile che ha consegnato la straordinaria scoperta di un deposito di anfore, ma anche una tomba scavata tra le macerie di un ambiente. L’eccezionalità della scoperta è relativa al fatto che si tratti di uno dei pochissimi insediamenti non urbani di età classica scavati nell’Isola. «La ricchezza delle comunità che si sono avvicendate è testimoniata dai materiali ritrovati, molti dei quali di importazione dall’Attica al Vicino Oriente e al Nordafrica». Tra questi un piattello rolled rim utilizzato per il rito di fondazione. La rilevanza dell’insediamento si sposa con la sinergia nata tra chi è deputato alla tutela del patrimonio archeologico, chi opera nel settore degli scavi e chi ha avuto il compito di realizzare un’importante opera pubblica. Grazie all'impegno dell'archeologa, dei vertici Anas, di Grazio Perrotti della De Santis, di Emanuele Sini, dell'archeologo Enrico Dirminti e di Gabriella Gasperetti, responsabile dell’area patrimonio archeologico della Sovrintendenza, l'Ogliastra ha un nuovo straordinario sito da valorizzare.

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