Il vescovo di Nuoro: «Basta con il pessimismo, ora guardiamo al futuro»
Monsignor Antonello Mura esorta i barbaricini a sognare in grande. «Bisogna uscire da questa situazione di stallo»
Nuoro «Questo è un territorio che si guarda addosso più che guardare avanti. Non riesce ad avere sguardi lunghi». Il vescovo Antonello Mura è un vulcano. È sempre in movimento, non ha un attimo di pausa. Ha un’agenda fitta di appuntamenti. In curia a Nuoro come pure a Lanusei. Da quando è alla guida delle due diocesi, passa parecchio tempo a fare la spola tra l’Ogliastra e la Barbagia, lungo la 389, al volante della sua Fiat 500X.
«Così, di questo passo – riprende fiato –, rischiamo di creare, o di alimentare ancora di più, un territorio convinto che non possa sbocciare mai definitivamente, nonostante le potenzialità e le idee, che pure esistono ma che sono ferme a livello personale e non comunitario». Il singolo prevale sull’insieme, insomma. O meglio: l’insieme non trova mai la quadra. Eppure le parole del vescovo sono comunque cariche di speranza. Severe ma aperte a nuovi orizzonti.
«Bisogna uscire da questa situazione di stallo» esorta con il cuore in mano.
Nuoro, il Nuorese, le zone interne in genere sono in forte sofferenza socioeconomica. La Chiesa cosa può fare per cercare di risollevarne le sorti?
«La Chiesa non può sostituire nessuno, né il potere politico né le attività sociali» è la risposta immediata di monsignor Mura, presidente della Conferenza episcopale sarda, oltre che vescovo di Nuoro e di Lanusei. «La Chiesa – aggiunge – può infondere coraggio, questo sì, ecco cosa può fare. Perché chi crede nel Vangelo e lo annuncia non si ferma a guardarsi indietro, ma guarda avanti. L’Uomo è il destinatario del Vangelo, quindi aiutare l’Uomo a crescere e a guardare al futuro significa annunciare il Vangelo».
Lei ha appena parlato di comunità. La comunità nuorese è troppo pessimista, è talmente sfiduciata che non intravede un minimo di speranza per il futuro. È così?
«Qualche volta ho pensato che questa comunità ami essere pessimista, che si guardi e si lodi perché pessimista. Talvolta è una percezione. Soprattutto quando ci sono idee e nuove proposte, da qualunque parte provengano. Invece di incoraggiare nuovi orizzonti, si continua a dire che non ne vale la pena, che è tutto inutile, che è tempo perso, che qui non bisogna investire. Ci si accontenta delle piccole cose e non si sogna in grande».
Ormai siamo alla vigilia delle elezioni regionali, il 25 febbraio è vicino. Al di là di ogni possibile schieramento, la politica è presente in questo territorio?
«La politica è presente, naturalmente. Ma è presente solo a livello di parziale accompagnamento della vita sociale. Sembra che la politica rafforzi più le ragioni di chi non vede prospettive, sembra essere sulla difensiva piuttosto che essere feconda e creativa. È una politica che misura le persone più per l’adesione a un partito che alle idee che dovrebbero maturare dentro allo stesso partito. Chi ha idee e visioni non sempre è guardato con incoraggiamento».
Uno dei problemi più grossi è lo spopolamento. I paesi si stanno svuotando, basti vedere le scuole...
«Intanto c’è da dire una cosa: lo spopolamento non si vince semplicemente invitando, consigliando le persone a rimanere nel territorio. È chiaro che resto nel mio territorio se ci sto bene e se sono felice di restarci. Se scopro che ci sono altre felicità, altrove, beh... allora cerco altre felicità, cerco altre possibilità. È vero che le radici non si dimenticano, ma se il futuro mi fa rattristare piuttosto che farmi gioire, è difficile rimanerci. Gli studenti sono un emblema: sono ancora nella fase in cui non hanno scoperto altre felicità, e quindi restano. Ma appena gli stessi studenti scoprono che ci sono altre possibilità, oltre confine, oltre regione, si convincono che per essere felici devono andare fuori».
Davanti a tanti problemi, il problema dei problemi è la sanità. Smantellata, quella pubblica, soprattutto in questo territorio.
«Nell’immagine cristiana le soluzioni si trovano ascoltando le persone. Nel caso della sanità, le strategie più che rispondere ai bisogni delle persone sembrano rispondere ad altre logiche. E in questo territorio i bisogni delle persone sono elevati, anche per via dell’innalzamento dell’età media. Altre cose possono essere meno importanti, ma non le esigenze, i bisogni delle persone. Ecco perché la gente è allarmata. È frustrata, è tremendamente triste. Qui è tutto difficile, dalla ricerca del medico a un semplice esame... ».
Se c’è un elemento positivo da innalzare in questo territorio, quale potrebbe essere il simbolo di Nuoro e dintorni?
«Non sono pessimista e non voglio dare risposte che sembrano alimentare quel senso di diffidenza e quel senso di rassegnazione che accompagna molto il nostro territorio. Non voglio esserlo, anzi... Incoraggio tutti coloro i quali credono che si possa fare di più, che si può fare meglio. E ce ne sono di persone così, nelle istituzioni, nella politica, nella vita sociale. Dobbiamo uscire da questa situazione di stallo. Chi ha creatività, voglia di investire, idee e visioni va incoraggiato e sostenuto. Le potenzialità non devono rimanere tali – chiude Mura –, devono portare frutti».