La Nuova Sardegna

L’intervista

Gigi Minerba, nuovo responsabile unico della sanità: «Cup da rivoluzionare per abbattere le liste d’attesa»

di Giuseppe Centore
Gigi Minerba, nuovo responsabile unico della sanità: «Cup da rivoluzionare per abbattere le liste d’attesa»

Docente universitario chiamato a ricoprire un ruolo-chiave nell’organizzazione e gestione dell’assistenza: «Meno carichi di lavoro per i medici di base, più programmazione nei territori»

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Cagliari Arrivano altri aggiustamenti al complesso meccanismo di gestione della sanità sarda. La giunta regionale ieri ha completato l’organizzazione del nuovo ufficio del responsabile unico dell’assistenza sanitaria.

A ricoprire il delicato ruolo è stato chiamato Gigi Minerba, 67 anni, docente universitario di metodologie statistiche e statistico-epidemiologiche applicate alla programmazione sanitaria ed organizzazione e gestione dei servizi sanitari, all’università di Cagliari, già assessore alle politiche sociali del comune e direttore dell’area socio-sanitaria di Cagliari al tempo dell’Ats, conosce bene la sanità sarda, per averla studiata ed avervi operato, con ruoli di responsabilità.

Oggi Minerba incontrerà l’assessore Bartolazzi, che gli metterà a disposizione uffici e personale. Il suo compito fondamentale è dare indicazioni tecniche all’assessore o agli uffici dell’assessorato, ma anche alle Asl, che poi dovranno essere trasformati in atti politici. La nomina di Minerba ha subito una forte accelerazione nelle ultime ore, ed è un elemento di “ascolto” della presidente ai tanti appelli lanciati dalla sua maggioranza.

Professore, come pensa di ridurre, se non abbattere totalmente le liste d’attesa, suo principale compito?

«Le liste sono solo la punta di un iceberg. È l’intero sistema sanitario ad avere difficoltà e a registrare criticità. Pensiamo di lavorare in maniera parallela su più fronti». E di questi quale sarà il primo? «Il Cup, o meglio i diversi centri unici di prenotazione, oggi disarticolati, che non dialogano e che svolgono una attività tutt’altro che ottimale».

Oggi si chiama al numero, si chiede la prenotazione e ci si sente rispondere: “c’è posto tra un anno, o due”.

«Perché il Cup riceve la richiesta e guarda una agenda, non prende in carico un paziente trovando percorsi terapeutici e diagnostici e fornendo supporto. Dare risposte su una agenda di disponibilità, serve a poco. Ci vogliono cambiamenti tecnologici, di organizzazione, di competenze».

Ci vorranno tempi lunghi per vedere un Cup diverso da quello attuale?

«E perché mai? Ho già parlato con Ares (l’azienda regionale della salute, ndr). Rifaranno la gara di assegnazione, c’è già la delibera. Ritengo che nel giro di qualche mese avremo le prime risposte».

Lei parla di più azioni da far progredire in maniera parallela. Cosa affianca al problema Cup?

«Quelli che si chiamano con la sigla Pdta. Sono i Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali che rappresentano uno strumento utilizzato in tutto il mondo che uniforma l’approccio clinico a determinate categorie di pazienti. Se io soffro di una patologia cronica non devo ogni volta programmare la visita, andando dal mio medici di base per rifare ogni volta l’impegnativa e sperare nella lotteria dell’appuntamento, ma preso in carico una volta per tutte, mi viene programmato il calendario di visite e accertamenti nel tempo. In questo modo si alleggerisce il carico dei medici di medicina generale e si possono programmare i carichi di lavoro nei territori».

Obiettivo ambizioso.

«No realistico. La certezza nel percorso diagnostico aiuta tutti, pazienti e medici, incrementando il cosiddetto tempo clinico, cioè il loro vero lavoro».

E infatti una delle critiche che maggiormente rivolgono gli operatori a chi governa il sistema è di averli fatti soffocare da una montagna di carte.

«L’informatica, la telemedicina, oggi, possono dare la risposta giusta al paziente giusto, anche in Sardegna. Abbiamo personale, competenze e strumenti per farlo. Serve un pizzico di conoscenza in più».

Altro percorso in parallelo oltre a Cup e Pdta?

«Informare gli utenti su cosa si può fare, come, dove e quando. Ritengo che questo sia un problema. Dobbiamo cambiare l’organizzazione della presa in carico del paziente. Va fatto subito».

Come lavorerà? Continuerà a fare il docente?

«Mi dividerò tra studenti e Regione, ma continuerò a fare il professore. Per legge dovrò fare una relazione ogni tre mesi. Oggi vedrò l’assessore e mi organizzerò con il personale che mi sarà dato. Il monitoraggio sarà continuo. Chiamerò le associazioni di utenti per coinvolgerli. Ci vorrà un anno per vedere ragionevolmente i primi cambiamenti. Darò indicazioni tecniche. Spetterà all’assessore trasformarle in atti politici. Ma potrò anche dare indicazioni alle aziende sanitarie».

Conta di essere ascoltato?

«Certo. In ogni caso potrò fare rilievi e attivare servizi ispettivi. La delibera è chiara. Molto chiara».

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