Porsche, barca, appartamenti e cavalli: tutti i beni confiscati al ristoratore dei vip
Chi è l’imprenditore che aveva rapporti con le ‘ndrine: l’inchiesta partita da una denuncia in Sardegna
Sassari Una maxi inchiesta iniziata tredici anni fa in Sardegna, a Santa Teresa Gallura, dove l’imprenditore Davide Maria Boncompagni, 55 anni, è proprietario di immobili e dove teneva la barca. Nell’estate del 2012 ebbe una discussione con un giardiniere a Santa Teresa di Gallura, il quale gli aveva fatto notare che aveva ormeggiato la barca in un posteggio diverso dal suo. Boncompagni, così riferì l’uomo, gli avrebbe riposto minacciandolo che se avesse trovato graffi "gli avrebbe tagliato la gola". Da quest’episodio sono iniziate le prime indagini della guardia di finanza, che hanno poi portato al decreto di sequestro. Oltre cinque milioni di beni, tra i quali immobili, ristoranti società e auto di lusso, tra cui una Porsche, intestati a prestanome.
Un tesoro da almeno cinque milioni di euro che Boncompagni aveva messo insieme grazie a soldi sporchi, quelli della droga della Ndrangheta. Un tesoro che, dopo il sequestro, ora è stato confiscato. L'operazione è stata organizzata dal questore di Roma insieme agli agenti della divisione anticrimine e arriva dopo il sequestro operato nel novembre 2023.
I beni confiscati: ci sono un immobile di tre piani all'Infernetto (Roma), una barca di 18 metri, 7 cavalli e un maneggio. Due immobili in Sardegna, nella zona di Santa Teresa Gallura, altri appartamenti tra Infernetto e Axa, una moto e quattro auto, più il sequestro delle quote societarie dei ristoranti e di una società di autonoleggio che affittava auto a calciatori della Roma, estranei all’inchiesta. Tra le proprietà di Boncompagni anche il ristorante La bettola a Roma, molto frequentato da personaggi del mondo dello spettacolo, attori e show girl, e calciatori.
Davide Maria Boncompagni nel 2015 era stato coinvolto nelle due operazioni denominate Santa Fé e Fireman. La prima, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, colpì le 'ndrine Alvaro, Brandimarte, Pesce e Bellocco. La seconda, coordinata dalla procura di Roma coinvolgeva un'organizzazione criminale dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti con base a Roma e ramificazioni all'estero, con il coinvolgimento della cosca degli Alvaro.
Boncompagni avrebbe favorito la latitanza di un esponente della cosca Alvaro e aveva diretti con un broker romano per importare grandi quantitativi di stupefacenti dal sud America, in parte destinati agli Alvaro e in parte al mercato romano. I soldi di quegli affari, secondo le ricostruzioni, sono stati reinvestiti in società e venivano acquisite immobili, cavalli da corsa e auto di lusso.