Servizio comunale, l’ammissione resta un miraggio
L’odissea di una disoccupata, esclusa dalla graduatoria: «Devo vivere con la pensione di mia mamma invalida»
OLBIA. Niente lavoro e una madre anziana e invalida civile da sostenere. La pensione sociale non può bastare, è evidente, ma le porte dell’assistenza sociale comunale che gestisce gli interventi contro le povertà estreme restano irrimediabilmente chiuse. Quella di L.P., donna ancora giovane, è la classica odissea alla ricerca di un lavoro dignitoso, magari nella lista ambitissima del servizio civico comunale. Un lavoro socialmente utile, insomma. Tutte le sue richieste di ammissione al sussidio però vengono puntualmente respinte, così come vengono respinti i suoi ricorsi. Il motivo è spietato: la pensione della mamma invalida non basta per vivere, ma è sufficiente a giustificare l’eclusione dalla graduatorie, «perché, mi dicono, c’è sempre chi sta peggio di noi».
La tanto ambita graduatoria è quella prevista dal bando comunale per la concessione di sussidi per lo svolgimento del servizio civico comunale (meglio noto come linea di intervento 3).
Nonostante le difficoltà evidenti (niente lavoro e madre anziana invalida civile, appunto) il fatidico reddito Isee condanna L.P. all’esclusione, ma la donna non si vuole rassegnare: «Mia mamma ha una pensione sociale e un assegno di accompagnamento, mentre io con cinque anni di disoccupazione non ho alcun reddito – racconta – la mia esclusione è ingiusta e penso che la compilazione di queste graduatorie e i criteri di ammissione non siano abbastanza chiari. Di fronte alle mie rimostranze la risposta è stata che io comunque ho sempre un piatto di minestra da mangiare, mentre altri neppure quello. Peccato che quel piatto di minestra lo devo solo alla pensione di mia madre che ha 82 anni e questo non significa che non ho diritto a lavorare. Se bastasse il piatto di minestra, infatti, non dovrebbe lavorare nessuno, invece così non è.(red.ol.)