La Nuova Sardegna

Olbia

I dirigenti comunali restano in servizio

di Giampiero Cocco
I dirigenti comunali restano in servizio

Respinta dal gup la richiesta di sospensione dal servizio sollecitata dal pm per i sette dipendenti indagati per peculato

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OLBIA. I sette dirigenti dell’area tecnica e amministrativa del Comune di Olbia, indagati nel 2013 dalla procura della Repubblica per peculato, resteranno in servizio. Lo ha deciso ieri il gip del tribunale di Tempio Elisabetta Carta, che ha rigettato le richieste di sospensione dall’attività lavorativa dei diversi funzionari e dirigenti accusati d’aver intascato illecitamente danaro per aver preso parte, prima del 2010, alle commissioni comunali che affidavano gli appalti dei lavori per conto dell’Amministrazione comunale. «Manca il requisito essenziale dei gravi indizi di colpevolezza – ha scritto il il gip nel motivare il rigetto –, già evidenziato nel respingere le misure cautelari avanzate a suo tempo, e manca l’attualità per l’applicazione della misura cautelare coercitiva e interdittiva del pubblico ufficio». Un provvedimento clamoroso che accoglie in pieno le argomentazioni difensive proposte dai legali di Michele Baffigo, Giovanni Antonio Zanda, Sergio Usai, Patrizia Lei, Sanna Fabio e Giovanni Santo Dettori, assistiti dai penalisti Jacopo e Angelo Merlini e di Alessandra Buioni, difesa dagli avvocati Guido Da Tome e e Giuseppe Meloni. La richiesta di sospensione era stata notificata, due settimane fa, ai funzionari e dirigenti del comune di Olbia dopo che il capo della procura della Repubblica Domenico Fiordalisi aveva richiesto la misura interdittiva e il contestuale interrogatorio di garanzia davanti al gip. L’indagine avviata dalla procura della Repubblica contesta a tutti gli indagati – compresi l'ex direttore generale del settore finanziario Nicolò Saba, l’ex dirigente del settore tecnico Mauro Scanu e gli ex funzionari Francesco Tola e Bastiano Deledda – l’associazione a delinquere finalizzata al peculato. Un reato associativo ritenuto insussistente dal gip Elisabetta Carta per la carenza di due elementi indispensabili alla commissione del reato, il “pactum sceleris”, in riferimento al sodalizio criminale e la “affectio societatis”, ovvero la consapevolezza degli indagati di far parte di una associazione vietata. Contestazioni mai mosse agli indagati i quali, nel corso degli interrogatori di garanzia, hanno sostenuto d’aver preso parte, alternativamente, alle previste commissioni per l’affidamento per le gare d’appalto prima del 2010, quando lo prevedeva la normativa. Incassando le somme dovute in busta paga.

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