La Nuova Sardegna

Olbia

Il capitano dei carabinieri ucciso da un sommergibile

di Dario Budroni
Il capitano dei carabinieri ucciso da un sommergibile

Giuseppe Curti Gialdino morì sulla nave Tripoli durante la prima guerra mondiale. Sepolto a Olbia, la sua tomba ora è stata riscoperta da un appassionato di storia

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OLBIA. Il marmo ingiallito dal tempo custodisce una storia vecchia più di cento anni. Sommergibili tedeschi, navi silurate e giovani vite finite troppo presto all’altro mondo: nel cimitero di via Roma la storia la raccontano spesso le croci arrugginite e le lapidi dimenticate tra mazzi di fiori e primi piani in bianco e nero. In un angolo del vecchio camposanto, stretto tra due tombe di famiglia, riposa per esempio un capitano dei carabinieri morto nel 1917, in piena prima guerra mondiale, poco lontano dalle pareti calcaree dell’isola di Tavolara. Sguardo fiero e baffoni all’insù, si chiamava Giuseppe Curti Gialdino e la sua storia è stata rispolverata e ricostruita da due appassionati di tutto ciò che riguarda il passato. Il capitano, siciliano, morì nell’ottobre del 1917 a bordo del piroscafo postale Tripoli, nel corso dell’incursione di un sommergibile tedesco. La stessa nave che, qualche mese più tardi, sarebbe stata nuovamente colpita e infine affondata, sempre da un sommergibile, al largo delle scogliere di Capo Figari.

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La ricerca. Tempo fa, la tomba di Giuseppe Curti Gialdino è stata notata da Aurelio Spano, olbiese, grande appassionato di storia locale. «Mi ha colpito ciò che c’è scritto sulla lapide – racconta Spano –. Un capitano dei carabinieri, nel cimitero di Olbia, morto nel 1917 per via di un cannoneggiamento nemico: poche informazioni che mi hanno subito incuriosito». Aurelio Spano si è così messo sulle tracce del capitano morto in guerra. E a dargli una mano è stato l’amico Massimo Velati, anche lui appassionato di storia locale, curatore della pagina Facebook Golfo Aranci Nascosta. «Quella di Giuseppe Curti Gialdino è una storia sconosciuta – prosegue Aurelio Spano –. E credo che sia davvero un peccato, perché stiamo parlando di un caduto in guerra. Penso che meriti l’intitolazione di una via, visto che si tratta di un capitano dei carabinieri morto e sepolto qui, nella nostra città. Molte tombe, nel tempo, sono state tolte o sono andate distrutte. La sua invece esiste ancora. E così, qualche volta, gli ho anche lasciato un fiore».

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La storia. Nato a Palermo nel 1874, Giuseppe Curti Gialdino era dunque un capitano dei carabinieri. All’alba del 13 ottobre 1917 si trovava a bordo del piroscafo Tripoli, a circa sei miglia da Tavolara, quando un temibile sommergibile tedesco, un U-Boot Uc 35, attaccò la nave italiana diretta a Golfo Aranci. Un proiettile raggiunse la fiancata del Tripoli, poco sopra la linea di galleggiamento, ma il piroscafo riuscì a rispondere al fuoco nemico e a mettere in fuga il sommergibile. Nell’attacco, però, morirono in due: il sardo Giovanni Piras di Pattada, vicebrigadiere dei carabinieri, e appunto il siciliano Giuseppe Curti Gialdino. Quasi impossibile, ai tempi, riportare la salma in Sicilia. E così i familiari decisero di seppellire il capitano, che aveva 43 anni, direttamente nel cimitero dell’allora Terranova. Sulla sua lapide si legge: «Deceduto a bordo della R. N. Tripoli, cannoneggiamento nemico, il 13 ottobre 1917». E infine: «I genitori, la moglie, i figli».

La fine del Tripoli. Quella volta il Tripoli riuscì a salvarsi. Ma qualche mese più tardi, nella notte tra il 17 e il 18 marzo del 1918, il piroscafo finì nuovamente sotto attacco, sempre da parte di un sommergibile tedesco. Stavolta la nave non ebbe scampo: affondò e nel disastro morirono 288 persone, tra civili e militari. Cercato per lungo tempo, il relitto del Tripoli fu finalmente individuato e fotografato nel 2014 a venti miglia da Capo Figari, a una profondità di mille metri.

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