Arzachena, Zeneb massacrata di botte e uccisa: confermata la condanna a 21 anni
Rigettato il ricorso presentato da El Khedar
Arzachena La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dal difensore di Soufyane El Khedar, 41 anni, marocchino, accusato in concorso con Jalal Hassissou dell’uccisione della connazionale Zeneb Badir, e confermato la condanna a 21 anni di reclusione. La donna era morta dopo essere stata massacrata di botte in uno stazzo a Baja Sardinia, il 23 luglio 2018.
Un anno fa, la Corte d’assise d’appello di Sassari aveva confermato integralmente per entrambi la sentenza di primo grado: 21 anni ciascuno per omicidio volontario in concorso, e un risarcimento di 250mila euro ciascuno per le tre figlie della vittima. La Corte aveva ritenuto i due uomini responsabili allo stesso modo dell’atroce fine della donna, morta all’ospedale di Olbia dopo ore di agonia per il violento pestaggio subito. La sentenza di condanna è stata impugnata in Cassazione dal difensore di Soufyane El Khedar, l’avvocato Agostinangelo Marras. Nessun ricorso è stato invece presentato dal difensore di Jalal Hassissou, l’avvocato Cristina Cherchi.
Soufyane El Khedar ha sempre sostenuto di non aver partecipato al pestaggio della connazionale e di essere, anzi, intervenuto per fermare il suo amico. Questa è sempre stata la linea difensiva fin dal primo grado di giudizio: El Khedar si trovava nello stazzo di Baja Sardinia solo perché doveva acquistare dello stupefacente da Hassissou e solo lui l’aveva massacrata di botte. Una ricostruzione dei fatti non condivisa dalla Corte d’assise d’appello. Che ha ritenuto responsabile del delitto anche Soufyane El Khedar, essendo presente al momento del pestaggio e avendo accompagnato successivamente Jalal Hassissou in ospedale, dove avevano portato la donna ormai in fin di vita.
La terribile vicenda è arrivata ora all’ultimo grado di giudizio. La Cassazione ha rigettato il ricorso della difesa ritenendo che la sentenza impugnata evidenzi in modo adeguato e lineare la responsabilità dell’imputato e la sua partecipazione all’aggressione della donna. La sentenza di condanna a 21 anni è quindi definitiva anche per Soufyane El Khedar.
Zeneb Badir era rimasta vittima di una violenza brutale. Era stata massacrata di botte per ore: presa a calci e pugni in volto, afferrata per i capelli e sbattuta violentemente contro il bidè. Carnefici e vittima, erano sotto gli effetti della cocaina. A scatenare la lite tra la donna e Jalal ( tra i due c’era una relazione), questioni di soldi legati alla droga. Zeneb era morta in ospedale il giorno dopo il pestaggio, dov’era arrivata in coma irreversibile. Una fine atroce, arrivata dopo ore di agonia. Ai medici e ai carabinieri di Olbia e Arzachena, i due avevano raccontato che era caduta. Ma quella versione non aveva convinto i militari. Che li avevano messi sotto torchio. Alla fine Soufyane El Khedar era crollato. Aveva raccontato tutto, e indicato ai carabinieri lo “stazzo degli orrori”, ma ha sempre negato di aver partecipato a quel massacro.