La Nuova Sardegna

Olbia

La sentenza

Olbia, minaccia di morte la compagna: «Ti spacco la testa con l’accetta»

di Tiziana Simula
Olbia, minaccia di morte la compagna: «Ti spacco la testa con l’accetta»

L’uomo, accusato di maltrattamenti e di averla inseguita brandendo l’arma, è stato condannato a due anni e 8 mesi di reclusione

05 luglio 2024
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Olbia «Se non vai via questa sera, ti spacco la testa con l’accetta. Intanto mi faccio di cocaina e dico al giudice che quando ti ho ucciso non ero in grado di intendere e volere...». Brandendo l’arma, inseguiva e minacciava di morte la sua compagna. Maltrattamenti cominciati già da quando era incinta e proseguiti per anni. Finché lei e la sua bambina, erano fuggiti di casa. La donna aveva denunciato il convivente e aveva chiesto aiuto al Centro antiviolenza “Prospettiva donna” da cui ha ricevuto sostegno e assistenza. Un’ ennesima storia di violenze e vessazioni avvenuta in Gallura, con vittime una donna e sua figlia. Una storia di dolore finita in tribunale, dove  si è concluso il processo a carico del 30enne, accusato di maltrattamenti e lesioni personali aggravate.

Il gup del tribunale di Tempio Marco Contu – davanti a cui si è celebrato il processo con rito abbreviato – lo ha ritenuto colpevole di tutte le accuse che gli venivano mosse dalla Procura di Tempio, e lo ha condannato a due anni e 8 mesi, senza condizionale. L’imputato era difeso dall’avvocata Sonia Balzarin. La donna e sua figlia erano costituiti parte civile con l’avvocata Diana Bandinu. L’uomo, che faceva uso di sostanze stupefacenti e che era spesso in uno stato di alterazione dovuto, appunto, all’assunzione di cocaina, era accusato di violenze fisiche e psicologiche, e vessazioni continue, sfociate più di una volta in vere e proprie aggressioni con spintoni, schiaffi, calci in tutto il corpo, anche quando era incinta.

Secondo le contestazioni, il 30enne aveva anche tentato di strangolarla. Atteggiamenti che sarebbero proseguiti anche dopo la nascita della figlia, e anche davanti alla bambina stessa. Nel capo d’imputazione vengono citati episodi nei quali la donna veniva terrorizzata con le sue continue sfuriate: un giorno le aveva fatto togliere le scarpe che lui le aveva regalato, e le aveva fatte a pezzi con un coltello, in un’altra occasione, aveva lanciato fuori dalla casa tutti i suoi indumenti e distrutto i suoi telefoni. E anche quando la donna si era rifugiata nella casa dei suoi genitori, lui aveva continuato a minacciarla. Dopo l’ennesimo episodio di violenza in cui era stata inseguita con l’accetta, la giovane era scappata via di casa insieme alla figlia e aveva denunciato il convivente.

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