Olbia, chiattino incendiato, gli arrestati si difendono dal gip: «Non siamo stati noi»
Erano stati fermati da una volante della polizia poco dopo il fatto
Olbia «Con l’incendio della barca, noi non c’entriamo nulla. Eravamo in quella zona perché siamo andati a comprare le sigarette in via Vicenza». È questa, in sintesi, la versione dei fatti data al gip Alessandro Cossu da Giovanni Ruggero e Peppino Dessena, residenti in città, finiti qualche giorno fa agli arresti domiciliari perché accusati di aver incendiato la barca di un pescatore, Paolino Maludrottu, ormeggiata nello specchio di mare davanti alle case popolari, nel quartiere della Sacra Famiglia. I presunti incendiari, difesi dall’avvocato Luca Tamponi, hanno risposto alle domande del giudice nell’udienza di convalida dell’arresto. Hanno negato ogni accusa.
Il fatto è successo intorno alle 6 del mattino di martedì scorso. Una pattuglia della polizia che passava sul lungomare avevano visto una barca prendere fuoco nella zona delle case popolari, e due persone salire su un motorino e allontanarsi. I poliziotti si erano sulle tracce dei due uomini. Ruggero e Dessena erano stati fermati mentre si infilavano in via Imperia. Erano stati condotti in commissariato e successivamente messi agli arresti domiciliari, come disposto dal pubblico ministero Claudia Manconi. Interrogati dal giudice, i due arrestati hanno detto di non essere stati loro ad appiccare le fiamme al chiattino. Il gip dl tribunale di Tempio dovrà ora decidere sulla misura cautelare da applicare. (t.s.)