Olbia, il nuovo volto di Poltu Cuadu tra ciclabili, sociale e spazi verdi
La rinascita del rione periferico attraverso il progetto Iti. «Migliorano le prospettive»
Olbia. Le reti arancioni delimitano cantieri stradali e anche sociali. Poltu Cuadu cambia pelle e si lascia sempre più alle spalle un passato complicato fatto anche di degrado e cattiva fama. Negli anni Novanta era considerato il Bronx di Olbia, adesso è un quartiere diverso e pronto a voltare definitivamente pagina. La vicinanza dell’aeroporto e della Marina di Olbia – più la presenza delle scuole e di una grossa area commerciale – gioca un ruolo fondamentale. Ma adesso è anche e soprattutto il progetto Iti a portare da queste parti una bella ventata di novità. Le piste ciclabili sono quasi terminate e dietro al Community Hub, sempre più il cuore sociale del rione, sta vedendo la luce un parco verde con nuovi campi da gioco. Poco più in là, in zona Olbia Mare, proseguono invece i lavori per far abbandonare al teatro Michelucci lo status di eterna opera incompiuta. Insomma, a Poltu Cuadu si respira aria di cambiamento e – rifiuti, cinghiali e case popolari malandate a parte – la metamorfosi sta cominciando a lasciare i primi ed evidenti segni.
Cosa cambia. Il progetto Iti punta sulla rigenerazione sia urbana che sociale dei quartieri della Sacra Famiglia e di Poltu Cuadu. I lavori procedono un po’ a macchia di leopardo, ma ultimamente i cantieri hanno subito un’accelerata. Le piste ciclabili di Poltu Cuadu sono quasi concluse e al taglio del nastro non dovrebbe mancare molto. I tracciati rossi arrivano fino all’aeroporto, attraversano parte del rione, passano sotto la statale 125 e si affacciano nella parte più interna del golfo, dove stazionano i fenicotteri. Qui la pista sarà unita con quella in costruzione nella zona di Mogadiscio. Sempre con i soldi dell’Iti il Comune è al lavoro per aprire il teatro Michelucci, con la collaborazione del vicino liceo De André, e anche per terminare il parco fatto di prati, campetti e camminamenti tra il Community Hub e le case popolari.
Passi avanti. E a proposito di Community Hub, nato nei locali dell’ex ospizio di via Perugia, è proprio qui che il Comune sta portando avanti i progetti di inclusione sociale previsti dall’Iti. Simonetta Lai, assessora ai Servizi sociali, sta raccogliendo i primi risultati. «Da una parte c’è ancora un po’ di diffidenza – dice –, non siamo riusciti a coinvolgere tutti. Ma dall’altra parte c’è chi ha scommesso sul quartiere e che, con i nostri progetti, ha per esempio aperto una attività. Pian piano i cittadini stanno comprendendo ciò che stiamo realizzando, dalla comunità del cibo alla panchina sociale passando per il dietologo di quartiere. Per certi processi serve tempo, ma il quartiere sta cominciando a rianimarsi. E il fatto di aver portato qui gli uffici dei Servizi sociali è stato sicuramente importante. Fondamentale anche la collaborazione con la parrocchia di San Ponziano». Una comunità, quella parrocchiale, da quattro anni guidata da don Sandro Fadda. «Poltu Cuadu è una periferia – dice il sacerdote –. Restano quindi diversi problemi, come spaccio, tossicodipendenza e prostituzione, ma percepisco una gran voglia di fare e di costruire. Poltu Cuadu è un quartiere in continua evoluzione e con ottime prospettive. Il Community Hub svolge un grande lavoro e anche la riqualificazione urbana ha sicuramente la sua importanza. Si vive forse qualche disagio per via dei cantieri, ma credo che, in attesa del cambiamento, si possano anche sopportare».
Il futuro. Christian Cicoria, avvocato, è uno che si batte da anni per il suo quartiere e per una città ciclabile in generale. Vive a Poltu Cuadu da 42 anni, quindi fin dai tempi più duri. «Sì, il Bronx c’era, ma 30 anni fa – dice –. Poltu Cuadu oggi è un quartiere-cantiere che si sviluppa in un ambiente di grande pregio. È meno periferico, qui ormai vengono tutti, stanno nascendo anche le attività ricettive. Attendiamo però il collegamento ciclopedonale con il resto della città. I cantieri sono aperti, ma i tempi sono lunghissimi. E sogno anche spazi e locali dove si possano promuovere più attività sociali. Poi c’è da capire che fine farà l’ex alberghiero. Negli anni si è parlato di tribunale e anche di un albergo, non ne sappiamo più nulla. L’importante è che non resti così».