La Nuova Sardegna

Olbia

Nel golfo

Olbia, siccità e acqua del mare troppo calda: persi 5mila quintali di cozze

di Carolina Bastiani
Olbia, siccità e acqua del mare troppo calda: persi 5mila quintali di cozze

Per i mitilicoltori un danno da 1,5 milioni di euro. Chiesti gli indennizzi per calamità naturale

25 ottobre 2024
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Olbia. Sono il primo biglietto da visita della città. Quando si arriva dal mare, entrando nel porto, i galleggianti colorati accolgono i passeggeri delle navi e gli dichiarano che le acque di Olbia sono il regno indiscusso delle cozze. Una produzione che, estesa su 150 ettari, ogni anno, anche nel centro e nel nord della penisola, serve 10 milioni di consumatori, trasformandosi anche in veicolo di promozione per tutto il territorio. E che, oltre il profilo economico e identitario, crea valore aggiunto anche dal punto di vista ambientale, allontanando, per esempio, il problema delle mucillagini. Eppure, nonostante tutto, il settore della molluschicoltura ha dovuto affrontare serie difficoltà anche quest’anno. Una nuova moria a causa dell’acqua del mare troppo calda, per esempio. E tutto questo senza riuscire a trovare un sostegno adeguato da parte dei vari enti.

Stime disattese. La stagione si era aperta e procedeva assecondando le migliori previsioni: a giugno, Raffaele Bigi, presidente del Consorzio molluschicoltori di Olbia, parlava di 40mila quintali di prodotto, che, oltre a soddisfare le stime sulla quantità, avrebbero confermato gli standard di alta qualità. L’unico piccolo ostacolo, in via di superamento, era la carnosità della cozza, che, rispetto alle annate precedenti, si stava riempendo con un mese di ritardo. Trattandosi di un prodotto completamente naturale, infatti, risente profondamente di ciò che accade dentro e fuori dall’acqua. Motivo per cui, le stime di fine stagione sono diverse. A tirare le somme è proprio Raffaele Bigi, che dipinge un quadro difficile sia sotto il profilo climatico sia sotto il profilo del sostegno delle istituzioni, impantanate nelle fitte maglie di una struttura burocratica poco efficiente. «La stagione – spiega – non è stata delle migliori per una serie di ragioni. Nonostante il prodotto abbia mantenuto intatta la sua qualità, purtroppo il cambiamento climatico ha finito per influire troppo sul suo riempimento». In particolare, ciò a cui il presidente si riferisce sono i fenomeni di siccità e assenza di piogge, che hanno causato il mancato apporto di sostante nutritive in mare. «Questo – continua Bigi – ha fatto sì che il consumatore non si ritrovasse mai il prodotto al suo massimo in termini di carne, benché anche questa stagione sia stata un successo dal punto di vista del sapore». Tuttavia, il problema più serio si è verificato ad agosto: «Le alte temperature, ma soprattutto l’assenza di maestralate, che solitamente creano l’ossigenazione naturale necessaria, hanno causato una moria di cozze, che all’interno del golfo ha toccato anche il 100 per cento». Leggermente migliore, la situazione fuori dal golfo. Tuttavia, i danni sono stati davvero ingenti: sono stati persi 5mila quintali di prodotto per il valore di 1,5 milioni di euro. Motivo per il quale sono state già avviate le pratiche per la richiesta di risarcimento per calamità naturale, scrivendo una storia che torna a ripetersi. Anche nel 2022, infatti, i mitilicoltori di Olbia avevano dovuto fronteggiare danni seri dovuti alle alte temperature, a cui era seguita una richiesta di risarcimento.

Lungaggini. Ed è proprio qui, dunque, che la crisi climatica si mescola con l’eterna crisi burocratica: «Gli enti regionali non procedono con le pratiche – continua il presidente Bigi –, stiamo ancora aspettando gli indennizzi del 2022 e nel frattempo le aziende continuano ad attingere alle proprie risorse, faticando sempre di più». Bigi non ne fa una questione politica: «È il sistema del burocrate che va sbloccato. Molti di loro non cercano soluzioni, ma problemi. Nel nostro caso specifico, siamo in balia delle decisioni di alcuni funzionari dell’Argea. Siamo ancora in attesa anche di permessi per un’area a terra, necessaria per poter attraccare le barche – al momento, l’acqua coltura occupa 100 metri su 2,5 chilometri di costa – ma è tutto fermo da mesi». Pratiche che non vanno avanti nemmeno nei casi di investimento. Tuttavia, una buona notizia addolcisce il gusto un po’ amaro della situazione: «Malgrado l’annata sfavorevole – conclude Bigi – abbiamo avuto tante richieste, perché il consumatore continua ad apprezzare la qualità e il sapore delle nostre cozze».

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