La Nuova Sardegna

I dati caritas

Tra pandemia e guerra, la povertà morde sempre di più la Sardegna

di Marco Impagliazzo
Tra pandemia e guerra, la povertà morde sempre di più la Sardegna

Nel nostro paese si contano oltre un milione di poveri assoluti in più rispetto al pre-Covid: due milioni di famiglie, per un totale di 5,6 milioni di persone, di cui un milione e 337 mila sono minori

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Sono trascorsi due anni e mezzo dall’inizio dell’emergenza sanitaria, che ha causato tanti morti e ha provocato un boom della povertà. A questa emergenza si è aggiunta dal 24 febbraio la guerra tra Russia e Ucraina. Un conflitto che provoca gravi conseguenze a livello mondiale, e impoverisce tante persone.

Nella società italiana e particolarmente in Sardegna – come mostrato dal Report delle Caritas Sardegna pubblicato da La Nuova martedì - si è aggravata una tendenza di lungo corso. Chi si teneva a galla a fatica è affondato, chi era già dentro non è riuscito a uscirne: meno lavoro e più povertà. Nel nostro paese si contano oltre un milione di poveri assoluti in più rispetto al pre-Covid: due milioni di famiglie, per un totale di 5,6 milioni di persone, di cui un milione e 337 mila sono minori. Nel 2010 le famiglie in povertà assoluta erano 980mila. In poco più di dieci anni, insomma, la povertà è raddoppiata. Ma chi sono i nuovi poveri? Soprattutto famiglie con figli minori e redditi a malapena sufficienti a soddisfare i bisogni primari.

In molte parti d’Italia l’occupazione sembra tornata a livelli accettabili ma in molti casi si tratta di lavori privi di garanzie e tutele. In Sardegna invece si toccano punte di disoccupazione impressionanti che creano un forte disagio sociale. In generale il mercato del lavoro italiano progressivamente va in direzione del precariato. Laddove c’è, la ripresa è trainata per lo più dagli occupati a tempo determinato. In questo modo si è allargata inevitabilmente la platea dei working poor , persone che nonostante abbiano un lavoro non arrivano a fine mese e hanno bisogno del sostegno del welfare o di fare un secondo lavoro. C’è poi il carovita, con l’aumento dell’inflazione provocato dal rincaro dei prezzi per l’energia, le cui conseguenze ricadono inevitabilmente sulle famiglie in difficoltà. Tante si rivolgono alle Caritas, alla Comunità di Sant’Egidio e ad altre associazioni di volontariato per cercare aiuto o soltanto per essere ascoltate. Si distribuiscono migliaia di pacchi alimentari e pasti, oltre a beni di prima necessità.

C’è un dato che si impone: la fascia di età più in sofferenza è tra 36-50 anni, cioè quella in cui chi perde il lavoro ha più difficoltà a ritrovarlo. Tanti aiuti concreti hanno permesso a molti di non sprofondare nella povertà estrema. La pandemia e la guerra hanno fatto emergere che esistono diverse forme di povertà: economica; relazionale, cioè da solitudine che appesantisce le privazioni; abitativa, una precarietà molto diffusa nelle grandi città; sanitaria: gli invisibili che fanno fatica a vaccinarsi perché non esistono per il sistema sanitario. La pandemia ha svelato la fragilità di ognuno: la solitudine diventa una povertà in più e per vivere c’è bisogno di relazioni. Da soli si vive male e si vive meno. Tutti abbiamo bisogno di aiuto, famiglia, comunità. Per tanti stare da soli diventa un’aggravante della povertà. Lo sanno bene le principali vittime del Covid: gli anziani negli istituti o nelle RSA, che hanno pagato il prezzo più alto alla pandemia, così come i senza dimora, coloro che vivono senza reti di protezione. I provvedimenti del governo volti a limitare le conseguenze del caro-bollette sono utili. Tuttavia, i dati emersi dal rapporto della Caritas ci dicono che non sono sufficienti.

L’idea di abolire il reddito di cittadinanza non potrebbe che aggravare una situazione già molto pesante. Non essere indifferenti di fronte a chi è più vulnerabile non è solo un tema etico: si tratta della tenuta della società tutta intera. È una domanda aperta a tutti, istituzioni, associazioni, e cittadini. Fondamentale, infatti, resta quella solidarietà che si esprime a tanti livelli della società italiana, anche grazie all’impegno della Chiesa e dei tanti che aiutano, perché la società non sprofondi in una crisi permanente creando inevitabilmente tensioni e instabilità che alla fine coinvolgerebbero tutti.

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