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Sanità

Diabete, nell’isola numeri record: «L’assistenza va rivoluzionata»

Diabete, nell’isola numeri record: «L’assistenza va rivoluzionata»

Le proposte della Rete sarda illustrate alla commissione regionale sanità. Trentin: «Serve un approccio multidisciplinare e l’aggiornamento dei protocolli»

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Cagliari la Federazione della Rete sarda del diabete lancia una serie di proposte per migliorare la cura della patologia, chiede l’aggiornamento dei protocolli e l’adozione di un approccio sanitario più integrato. Ieri mattina, martedì 4 febbraio, le proposte sono state illustrate nell’audizione con la commissione sanità del Consiglio regionale.

La Sardegna detiene un primato mondiale che nessuno vorrebbe: è la regione con la più alta incidenza di diabete autoimmune nel mondo, una forma di diabete in cui il sistema immunitario attacca le cellule del pancreas. Oltre 10.000 adulti e più di 1.000 tra bambini e giovani sono colpiti da questa condizione. Tra il 2009 e il 2015, ogni anno sono stati diagnosticati circa 120 nuovi casi di diabete di tipo 1, un numero che evidenzia la gravità del fenomeno. «Il nostro obiettivo è ridurre l’impatto di questa malattia cronica su individui e famiglie, garantendo cure accessibili e di qualità per tutti», ha detto il portavoce della Rete Riccardo Trentin.

Uno dei punti chiave dell’azione della Federazione è la richiesta di un nuovo protocollo chiamato “Sport, Scuola e Diabete”, che sostituisca quello precedente, ormai scaduto. Questo nuovo metodo di lavoro mira a promuovere la “de-medicalizzazione”, garantendo che i bambini con diabete possano vivere una vita scolastica normale senza sentirsi emarginati a causa delle loro esigenze mediche. «Le scuole devono essere un ambiente sicuro e inclusivo. Non è però sostenibile che il Servizio Sanitario Nazionale si faccia carico dell’intero costo del supporto individualizzato per ogni bambino. Il nostro protocollo cerca di trovare un equilibrio, garantendo che i genitori siano ben informati e formati, e che professionisti medici qualificati siano disponibili nelle scuole quando necessario».

L’obiettivo è permettere ai giovani con diabete di partecipare pienamente alle attività scolastiche e sportive, senza che la malattia diventi un ostacolo alla loro crescita e socializzazione. La seconda proposta riguarda la necessità di creare una rete coerente per la cura del diabete nell’isola. Attualmente, la mancanza di integrazione tra ospedali, servizi locali e medici di base rappresenta una delle principali criticità. «Il nostro approccio deve essere integrato fin dai primi passi della cura – afferma ancora Trentin – . È fondamentale creare percorsi chiari che siano adattati alle esigenze specifiche di ogni paziente, tenendo conto della complessità delle loro condizioni».

La Federazione chiede una maggiore collaborazione tra strutture specialistiche, servizi territoriali e medici di famiglia, in linea con i principi del Piano Nazionale delle Malattie Croniche. Ci deve essere un miglioramento a livello locale, ma anche uniformità dei piani di trattamento e prevenzione che devono essere conformi alle linee guida nazionali ed europee. Un’ attenzione anche al monitoraggio dei risultati poi, per garantire una migliore qualità della vita ai pazienti. «Vogliamo risultati standardizzati che assicurino cure efficaci e accessibili a tutti – ha spiegato ancora Trentin – un piano globale e integrato è essenziale per gestire l’onere sociale e finanziario del diabete in Sardegna».

Il messaggio è chiaro: per affrontare il diabete nella nostra isola, è necessaria una risposta coordinata e multidisciplinare. Questa include anche le scuole, le famiglie e la comunità. «Siamo di fronte a una sfida complessa, ma non insormontabile», ha concluso Trentin. Al termine della riunione della commissione la presidente Carla Fundoni ha assunto l’impegno di valutare le proposte. «Sono molto soddisfatta – ha detto Carla Fundoni – del contributo che è arrivato da tutte le associazioni che si occupano del diabete. Quelle presentate sono proposte valide e concrete e hanno ricevuto l’apprezzamento di tutta la commissione. Continueremo a collaborare con la Rete e con le associazioni perché crediamo che questa modalità di lavoro sia la più efficace per dare risposte a tutte le persone con diabete».

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