La Nuova Sardegna

Una popolazione in difficoltà

Argentina, re del calcio in un paese in default

di Nicolò Migheli
Argentina, re del calcio in un paese in default

I festeggiamenti per la vittoria del campionato mondiale in Qatar vanno oltre il fatto sportivo, sono la reazione alla malinconia di essere un Paese “alla fine del mondo” come ebbe a dire papa Francesco e in perenne crisi economica che diventa esistenziale – IL COMMENTO

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Per ogni argentino il calcio è uno sport terribilmente serio, una questione identitaria, in cui ritrovare le radici. Il Paese ha espresso non solo campioni, ma anche lo scrittore più importante di “fútbol”, Osvaldo Soriano che con il suo “Triste, solitario y final” seppe descrivere quello sport come metafora dell’argentinità: rude, macho, capace di glorie e di sconfitte pesantissime. Come il tango, «un pensiero triste che si balla» come ebbe a dire il grande cantante e compositore Enrique Santos Discépolo. I festeggiamenti per la vittoria del campionato mondiale in Qatar vanno oltre il fatto sportivo, sono la reazione alla malinconia di essere un Paese “alla fine del mondo” come ebbe a dire papa Francesco e in perenne crisi economica che diventa esistenziale.

L’Argentina al termine della II Guerra Mondiale era uno dei Paesi più ricchi del mondo, solo l’insipienza o forse una scelta della sua classe dirigente, l’hanno portata ai limiti del sottosviluppo. Una élite dove le componenti estrattive hanno avuto la meglio su quelle produttive. Dagli anni ’70 in poi tra guerriglia e golpe, si è proceduto allo smantellamento delle industrie, accusate di forgiare sindacati e movimenti guerriglieri. Si è preferito la rendita e la distruzione della classe operaia che si opponeva alla sua marginalizzazione. Con i militari avvenne la cancellazione di una generazione: incarcerata, uccisa, fatta sparire in fosse comuni o gettata in mare, affinché quei delitti fossero nascosti per sempre. La guerra persa delle Malvinas fu il colpo decisivo per i militari ma anche per l’orgoglio degli argentini. Il ritorno alla democrazia non salvò il paese dai disastri finanziari ed economici. L’Argentina da 70 anni è vittima di default periodici, con il peggiore ai principi di questo secolo, quando la crisi finanziaria portò milioni di persone nella povertà, un’inflazione stellare, l’impossibilità di ritirare i propri risparmi dalle banche confinati nel famoso “corralito”, una quantità minima di prelievo per le necessità quotidiane, mentre l’élite usava i dollari e quindi esente dalle difficoltà.

L’alternarsi di politiche di destra e di sinistra, non riescono a risolvere il problema. Anzi, il ceto politico è per certi versi il problema. Il 1° di settembre un uomo ha cercato di uccidere la vicepresidente Cristina Fernández de Kirchner, peronista, lei stessa ex presidente argentino e moglie di Néstor Kirchner presidente prima di lei. Il 6 dicembre è stata condannata per corruzione a sei anni di prigione. Lei per la condanna non andrà in prigione, è protetta dall’immunità parlamentare. Nel suo passato di presidente un episodio oscuro, la morte per suicidio del procuratore federale Alberto Nisman che indagava sull’attentato del 1994 contro la mutua israelitica di Buenos Aires che provocò 85 vittime. Attentato attribuito agli iraniani e che la Kirchner è sospettata di aver fatto di tutto per insabbiare le responsabilità di Teheran.

La crisi economica attuale è la peggiore degli ultimi 20 anni. Un tasso d’inflazione nel ’21 del 48,4%, in agosto di quest’anno aveva raggiunto il 64% su base annua. L’incremento dei prezzi al consumo hanno spinto migliaia di argentini a scendere in strada per chiedere al governo un’azione concreta per aumentare i salari e i sussidi di disoccupazione. Il 40% delle famiglie sotto la soglia di povertà, un bambino su due è denutrito. Il presidente Alberto Fernández non riesce a gestire le difficoltà e il suo gradimento nell’elettorato precipita. Lo spazio di manovra economica dell’Argentina è limitato, dovranno attuare le manovre concordate con il Fmi per la ristrutturazione di un debito di 44 miliardi di dollari. Una popolazione in grande difficoltà, far quadrare i conti senza che le conseguenze ricadano su di loro pare impossibile. La vittoria in Qatar salva l’amor proprio, ma gli a rgentini hanno tempi molto duri davanti a loro. È l’economia, non il calcio e tanto meno il tango, il pensiero triste con cui danzare.

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