La motovedetta Cp 307 tra i disperati di Lampedusa
Un mezzo della Capitaneria di Oristano in servizio in Sicilia L’ultima missione raccontata dal maresciallo Paolo Giudice
ORISTANO. Un pezzo di Sardegna nel canale di Sicilia dove si sta consumando una tragedia immane e senza precedenti. Tra gli angeli custodi del mare c'è anche l'equipaggio della motovedetta Cp 307 della Capitaneria di porto di Oristano. Gli uomini, al comando del primo maresciallo Paolo Giudice, fanno la spola, per prestare soccorso ai migranti, tra l'isola di Lampedusa e le acque territoriali della Libia. Insieme ad altre unità navali, provenienti da diverse capitanerie compongono la VII squadriglia di pronto intervento nel Mare di Sicilia. L'equipaggio oristanese opera in quel tratto di mare dallo scorso 10 giungo. Loro non fanno parte del dispositivo internazionale “Mare Nostrum” ma sono da supporto ai pattugliatori della marina militare che controllano l'ampio tratto di mare a sud di Lampedusa. In quel canale dove arrivano ogni giorno centinaia di migranti che lasciano le coste del nord Africa. Un lavoro massacrante per quegli uomini che sfidano il mare rischiano la vita in ogni momento per prestare soccorso ai disperati che scappano dall'inferno della guerra e della fame. Insieme a Paolo Giudice nella motovedetta “Oristanese” ci sono Angelo Fresi, Gianluca Canzedda, Fabrizio Scanu e Giovanni Romeo, calabrese ma fidanzato in Sardegna. In questi 45 giorni di missione hanno visto e toccato con mano i momenti peggiori di questa tragedia che difficilmente potranno scordare. «Abbiamo effettuato diverse missioni e soccorso centinaia di migranti – ha ricordato capo Giudice – e siamo purtroppo stati testimoni anche di una delle tragedie di Lampedusa. È stata la nostra motovedetta a raggiungere per prima il barcone proveniente dalla Libia e nel quale sono morte oltre 60 persone. Erano molti di più forse il doppio quando c'è stato il naufragio a circa 70 miglia da Lampedusa. Siamo rimasti oltre dieci ore a presidiare il barcone in attesa del pattugliatore maltese che ha recuperato quel relitto di morte». Dalle parole di Paolo Giudice emerge un racconto drammatico e crudo delle tragedie che si consumano ogni giorno, nella rotta mortale tra l'Africa e l'Italia. «Quella è stata un’esperienza che non dimenticherò – ha aggiunto capo Giudice – mentre aspettavamo il pattugliatore ci siamo accorti che tra i 60 morti c'erano tre bambini ancora vivi. Li abbiamo salvati giusto in tempo: non sarebbero sopravvissuti un'altra ora». L'equipaggio sardo anche in queste ultime settimane ha soccorso tanti migranti e effettuato numerose missioni di controllo. Il loro rientro ad Oristano è previsto per il prossimo 11 agosto.