La Nuova Sardegna

Oristano

LAVORI PUBBLICI

Bosa, per Capu d'Aspu rinvio a giudizio per l'ex sindaco Casula

di Simonetta Selloni
Il cantiere per i lavori a Capu d'Aspu
Il cantiere per i lavori a Capu d'Aspu

Il Gip del tribunale di Oristano ha rinviato a giudizio gli otto imputati per i lavori mai conclusi. I reati contestati a vario titolo: truffa, peculato, turbativa d'asta e falso

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L'ex sindaco di Bosa Pierfranco Casula e altre sette persone sono state rinviata a giudizio dal Gup del tribunale di Oristano per i lavori mai conclusi a Capu d'Aspu. Il processo sarà celebrato in tribunale il 17 dicembre.

La vicenda riguarda i lavori che avrebbero dovututo modificare il fondale, dopo la realizzazione della diga foranea, e la cui mancata realizzazione comporteranno per Bosa danni gravissimi che l'amministrazione, costituitasi parte civile attraverso l'avvocato Vittorio Delogu, ha quantificato in 15 milioni di euro, cifra chiesta per il risarcimento.

Gli imputati, oltre all'ex primo cittadino, sono la dipedente comunale Rita Motzo, il geometra Luciano Baldino,, responsabile dell'appalto, il responsaile e il direttore dell'impresa che svolse i lavori, Salvatore Bisanti e Paolo Gaviani, i tecnici della commissione di collaudo, gli ingegneri Antonio Manca, Antonello Garau e Piero Dau. 

Le accuse nei loro confronti, a diverso titolo e per diverse circostanze: falso, turbativa d'asta, peculato, truffa aggravata.

In particolare, Piero Casula che, assieme alla dipendente comunale Rita Motzo è accusato di aver pagato, con soldi pubblici, ferie illecitamente non godute dal geometra Luciano Baldino che era il responsabile del procedimento dell'opera pubblica.

Baldino, Bisanti e Gaviano rispondono di peculato, mentre in concorso con Dau, Garau e Manca, gli stessi rispondono di truffa aggravata.

Gli altri imputati sono i tecnici della commissione di collaudo che doveva accertare la regolarità dell'opera, gli ingegneri Antonio Manca, 61 anni di Sedilo, e i suoi colleghi oristanesi Antonello Garau e Piero Dau, accusati di aver certificato falsamente che la profondità del mare era passata, così come richiedevano i lavori, da un metro e poco più a quattro metri.

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