Cure palliative, ritardi da superare
Cherchi (PdS) scrive a Pigliaru: «Abbiamo una buona legge ma inutilizzata»
BOSA. Parte dalla Planargia la battaglia, combattuta anche via social, per ottenere dalla Regione l’applicazione di una legge valida sul territorio nazionale ma evidentemente non ancora recepita nell’isola, che garantisca ai cittadini l’accesso alle cure palliative ed alla terapia del dolore. A farsi carico del tema il consigliere regionale del Partito dei Sardi Augusto Cherchi. Questi ha scritto una lettera aperta al presidente Pigliaru e all’assessore regionale alla sanità Arru. In questa iniziativa cherchi è supportato dall’associazione Insieme contro il dolore Onlus, che chiede a tutti i cittadini di diffondere il testo e sostenere l’iniziativa, scrivendo “Io sono contro il dolore in Sardegna” all’indirizzo mail insiemecontroildolorecagliari@gmail.com o collegandosi su www.facebook.com/insiemecontroildolore e cliccando “mi piace” al testo della lettera, spiega Cherchi. Poco meno di cinque anni fa il Parlamento ha approvato la legge 38, che il consigliere del PdS, medico specializzato in rianimazione definisce «uno strumento formidabile, innovativo e universalmente riconosciuto come modello dall’Organizzazione Mondiale della Sanità». La legge «permette ai malati che soffrono di disporre delle opportunità cliniche e farmacologiche per combattere una piaga che in Europa colpisce 80 milioni di persone». La legge non è stata ancora recepita però in Sardegna. «Abbiamo lo strumento; le motivazioni etiche e morali di curare chi soffre di dolore; una forte motivazione economica (la stima è di 19 miliardi di Euro nella sola Italia il peso sulle casse della sanità); ottimi professionisti (di spessore nazionale) che sanno affrontare il problema con appropriate terapie farmacologiche, riabilitative, psicologiche e chirurgiche; le risorse per la formazione del personale: 84mila euro euro di fondi ministeriali che attualmente risultano ritornati al MEF perché non spesi per ritardi della Regione di presentazione dei progetti», stigmatizza Augusto Cherchi. «Perché con questi presupposti non tradurre l’evidenza in pratica? E’ giusto che in Sardegna esistano liste d’attesa per curare il dolore? È corretto che nella nostra isola non esista ancore un sistema che in rete consenta di curare le migliaia di persone che soffrono della malattia dolore, e invece si continui ad affidarsi alla buona iniziativa dei singoli? È ammissibile che dopo cinque anni i nostri ospedali non siano messi in condizioni di dare pieno corso alle direttive della legge n.38?
Alessandro Farina