La Nuova Sardegna

Oristano

Classe ghetto, la prof nega e accusa

di Enrico Carta

Docente sotto processo per aver separato alunni bravi dai «somari»

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ORISTANO. Basta una serie di domande e le accuse vengono ribaltate. Sotto processo c’è un’insegnante di scuola media che, nel giorno del suo interrogatorio, fa finire su un ipotetico banco degli imputati i suoi ex alunni. Quelli impossibili da gestire che, tramite i loro genitori, decisero di denunciare la professoressa di geografia per le frasi offensive – «scemi», «animali», «bulli» – che avrebbe rivolto loro e perché avrebbe trasformato la classe in una casermone in cui alunni “buoni” e alunni “cattivi” dovevano passare le ore assieme, ma evitando contatti che potessero far regredire chi aveva un profitto buono.

Fu questa divisione a spingere la madre di una ragazzina della prima media di un paese del nord della provincia a rivolgersi ai carabinieri della Compagnia di Ghilarza per porre fine alla situazione ritenuta incresciosa e diseducativa. La scuola che ghettizzava certi studenti non piaceva, ma era davvero questa la situazione? Dalle parole della docente, interrogata dall’avvocato difensore Agostinangelo Marras, dal pubblico ministero Daniela Caddeo, dall’avvocato di parte civile Angelo Battista Marras e dalla giudice Elisa Marras, è emerso un quadretto ben diverso da quello di una classe tiranneggiata dalla prof. Anzi, la docente ha raccontato di un anno passato quasi in trincea a difendersi dagli assalti verbali e dai comportamenti irriguardosi di alunni «altamente problematici», dov’erano presenti ragazzi che avevano diritto al sostegno, altri che provenivano da realtà familiari altamente disagiate e con carenze educative, altri con problemi di profitto scolastico tutt’altro che esaltante.

La stessa professoressa ha parlato della presenza di «leader negativi», fatto testimoniato anche dai resoconti arrivati dai vecchi insegnanti delle scuole elementari attraverso le valutazioni fatte al termine dei primi cinque anni di studio. Fu per questo che venne richiesto persino l’intervento del Plus ovvero i Piani locali unitari di servizi alla persona con i quali si cercava di dare sostegno ai docenti evidentemente in difficoltà se non in balìa di alunni non sempre pronti al rispetto delle regole di buona educazione.

Alla docente però sono stati criticate alcune misure che lei nega di aver preso come l’aver mandato fuori dall’aula un’alunna, l’aver chiesto di girare un banco in modo che l’alunno desse le spalle al resto della classe o ancora quando sarebbero stati separati, anche attraverso l’assegnazione di compiti di difficoltà diverse, gli alunni “bravi” da quelli “non bravi”.

Fu così? L’ardua sentenza il 3 dicembre, al termine della discussione tra le controparti.

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