La Nuova Sardegna

Oristano

La scoperta

Insegnante di Oristano trova nella casa del babbo appena morto un antico corredo funebre

di Michela Cuccu

	I reperti ritrovati (foto pagina social Nurnet - La rete dei nuraghi)
I reperti ritrovati (foto pagina social Nurnet - La rete dei nuraghi)

Il rinvenimento è avvenuto in un’abitazione di Macomer. Ora saranno esaminati da un archeologo per accertarne l’autenticità e stabilire la provenienza

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Oristano È un intero corredo funebre composto da vasellame che pare di origine etrusca, compresa una elegantissima brocca protocorinzia in perfetto stato di conservazione: è questo il tesoro scoperto da un’insegnante di Oristano nell’abitazione del padre recentemente scomparso. Sono oggetti che lei conosceva fin da ragazzina e che aveva sempre visto nella casa di Macomer lasciata una volta che era diventata adulta. Potrebbe essere un tesoro antico dal valore inestimabile che l’insegnante ha deciso di consegnare alle autorità non appena l’avrebbe rinvenuto. Così ha fatto recandosi in caserma a Macomer e spiegando quanto le era appena capitato. Al militare il servizio ha spiegato di aver rinvenuto quelli che, secondo lei, sono a tutti gli effetti dei reperti archeologici che proverrebbero dall’antica città di Tharros. Il carabiniere le ha quindi spiegato di non poter assolutamente ricevere quel tipo di oggetti perché, se effettivamente fossero stati dei reperti archeologici, questi devono essere presi in consegna dal Nucleo Tutela del patrimonio culturale dei carabinieri.

 Non essendo esperta ed essendo preoccupata di possibili conseguenze, l’insegnante ha deciso di rivolgersi a chi l’avrebbe potuta aiutare. Non avendo tra le sue conoscenze dirette degli specialisti, ha scelto la via dei social media, contattando gli amministratori della pagina Facebook Nurnet-La rete dei nuraghi. È così che la storia del ritrovamento dei reperti che, se autentici, potrebbero avere un valore inestimabile, è diventata di pubblico dominio. Le foto del corredo funebre tra cui una bellissima brocca pre corinzia in perfetto stato di conservazione, sono state pubblicate sulla pagina social con tanto di spiegazione su quanto accaduto e su come è avvenuto il ritrovamento degli oggetti. Antonello Gregorini, topografo con la passione per l’archeologia e anima della Fondazione di Partecipazione Nurnet che si occupa di divulgare la storia della Sardegna e in particolare di quella antica, racconta: «Quando la signora mi ha chiamato al telefono il suo racconto non mi ha stupito più di tanto. Conosco il problema avendola vissuta in prima persona». Ha chiarito di essere stato lui a consigliare alla signora di tornare alla caserma di Macomer: «Faccia assolutamente verbalizzare il suo gesto, la data e l’ora, perché lei ha ventiquattrore per restituire i reperti dal momento del rinvenimento. Se così non facesse potrebbe essere denunciata». L’insegnante ha quindi seguito il suo consiglio e così si è avviata tutta la procedura.

Come conferma il comandante della Compagnia dei carabinieri di Macomer, il capitano Giovanni Maria Seu, l’insegnante è tornata in caserma dove non ha potuto subito consegnare i reperti. Ora gli oggetti saranno presi in custodia e quindi affidati a un archeologo che li esaminerà per stabilirne l’autenticità che se sarà confermata consentirà di metterli sotto tutela. Racconta ancora Antonello Gregorini: «La signora mi ha detto che rendendo pubblica la vicenda spera che possa diventare di esempio per tante altre persone, in particolare per i giovani. Ci siamo detti al telefono che purtroppo molti sono gli oggetti in giro per le case sarde. Sarebbe necessaria una modifica alla norma vigente per rendere più semplice la restituzione».

Al momento non si conosce la provenienza dei reperti. L’ipotesi è che potrebbero provenire da Tharros, sito del quale il padre dell’insegnante era particolarmente appassionato. «Proprio per questo, nel caso in cui arrivassero conferme dagli specialisti, la signora auspica che vengano esposti al museo civico Giovanni Marongiu di Cabras ed quello che mi auguro anche io », ha concluso Antonello Gregorini.

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