La Nuova Sardegna

Sassari

In tribunale

Rubano carne e verdura al Conad. Marito e moglie si difendono: «Furti decisi per contratto»

Di Nadia Cossu
Rubano carne e verdura al Conad. Marito e moglie si difendono: «Furti decisi per contratto»

La sorprendente difesa della coppia spiegata nei dettagli durante il processo

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Sassari È una di quelle storie che solo un processo nell’aula del tribunale sarà in grado di chiarire. Spetterà infatti al giudice Paolo Bulla sbrogliare la matassa di una singolare vicenda che vede imputati di furto aggravato marito e moglie (di 67 e 65 anni) e persona offesa il rappresentante legale del supermercato Conad di Alghero, tutelato come parte civile dall’avvocato Agostinangelo Marras. La coppia (difesa dall’avvocato Stefano Carboni) è finita a giudizio perché accusata di aver rubato in diverse occasioni – tra gennaio e aprile del 2021 – diversi articoli esposti negli scaffali del negozio, per lo più prodotti di igiene, surgelati, carne e verdura venduta a peso. E fin qui potrebbe sembrare un classico caso di furto che, una volta scoperto – nello specifico con le immagini delle telecamere di videosorveglianza – segue l’iter giudiziario. Stavolta, però, la difesa degli imputati è sorprendente. Marito e moglie, infatti, sostengono che si trattasse di “furti su commissione”. Ma non richiesti da chissà quale mandante criminale. Ad autorizzarli sarebbe stato proprio il titolare del negozio, rappresentante legale del Conad. E come prova l’avvocato difensore ha prodotto in aula un “contratto” che sarebbe stato sottoscritto, a loro dire, proprio dalla persona offesa. Un documento con il quale viene chiesto alla coppia di commettere i furti per dare modo all’azienda di testare il sistema antitaccheggio del negozio, il funzionamento delle telecamere e per verificare se i dipendenti si accorgessero della presenza di eventuali ladri. «Niente di più falso», ha replicato il titolare che ha disconosciuto la propria firma così come la stesura di quel contratto, nonostante nel documento sia apposto il timbro aziendale. Il legale rappresentante si era rivolto a un avvocato dopo aver scoperto quei furti proprio attraverso le immagini delle telecamere e aveva denunciato la coppia. Conosceva i due perché erano i genitori di un suo dipendente col quale sarebbero nate delle tensioni per via di alcune rivendicazioni di tipo sindacale che il lavoratore aveva mosso. A conclusione delle indagini della Procura di Sassari era stato emesso un decreto di citazione diretta a giudizio nei confronti dei due imputati. Per l’accusa marito e moglie avrebbero in alcuni casi “approfittato della conoscenza dei punti ciechi delle telecamere di videosorveglianza” riponendo la merce rubata “all’interno delle borse che portavano con sè” e talvolta pagando alla cassa qualche prodotto “per eludere i controlli”. In altre occasioni avrebbero “estratto alcuni prodotti dalle scatole occultandoli per poi disfarsi delle confezioni” e si sarebbero “impossessati di numerosi prodotti surgelati che nascondevano sulle loro persone (a volte riponendoli prima nel carrello e poi nascondendoli e in un’occasione inserendo il prodotto direttamente nella tasca dei pantaloni), successivamente raggiungendo le casse per pagare il resto della spesa”.

Stesso modus operandi in altri giorni nei quali avrebbero portato via deodoranti, shampoo, finocchi. Merce che, ritiene la difesa, sarebbe stata restituita (proprio perché si trattava di furti simulati) mentre l’accusa sostiene che non sia mai tornata indietro. Nell’udienza di venerdì è stato sentito un perito nominato dal giudice per verificare l’autenticità del contratto e della firma attribuita alla persona offesa e da quest’ultima, invece, disconosciuta. Ma il difensore degli imputati ha sollevato una serie di eccezioni sulle modalità con le quali questa perizia sarebbe stata eseguita nel gabinetto della polizia scientifica di Roma: il giudice si è riservato e ha rinviato il processo a marzo.

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