Dal Vernaccia di Oristano nasce il blend Kusidura: «Unisce i rossi della Sardegna»
E’ arrivato sul mercato grazie al progetto Prinveor nato nel 2021 per garantire nuove prospettive alla coltivazione del vitigno e presentato alla Cittadella universitaria di Monserrato. Un ruolo fondamentale nello sviluppo del prodotto lo ha avuto il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’ambiente l’Università di Cagliari
Oristano Il Vernaccia di Oristano? Vince ma non vende. E senza un’azione mirata – dicono gli esperti del settore – questo vitigno autoctono, che ha fatto la storia del comparto vinicolo oristanese, rischia di scomparire. Con l’intento di garantire nuove prospettive alla coltivazione, nel 2021 ha preso il via Prinveor, un progetto di ricerca innovativo, oltre che ambizioso, che ha permesso di creare il blend “Kusidura”, il primo capace di “cucire” i più importanti rossi dell’isola assieme alla vernaccia, che è un bianco ossidativo, offrendole un valore aggiunto e una spinta per sopravvivere alle nuove esigenze di mercato.
L’iniziativa nasce per volontà dell’azienda Silvio Carta di Baratili San Pietro (capofila) in collaborazione con l’Università degli studi di Cagliari, l’impresa agricola Mario Perra e la LM Consulting di Sassari, che hanno presentato i dettagli del progetto (finanziato con i fondi Psr 2014-2020 – sottomisura 16.2) alla Cittadella universitaria di Monserrato.
“Kusidura” è un blend a base di una vernaccia giovane e di un’altra raffinatissima e strutturata con vent’anni di invecchiamento in botti di castagno, tagliate con rossi sardi altrettanto importanti, cannonau, carignano e cagnulari, al fine di percepire con equilibrio quel sentore caratteristico di mandorla amara che ne rende sublime il gusto al palato. Un ruolo fondamentale nello sviluppo del prodotto lo ha avuto il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’ambiente l’Università di Cagliari. Come ha spiegato Alberto Angioni, docente di Chimica degli alimenti e responsabile del progetto di ricerca, «sono state investigate le caratteristiche chimiche, microbiologiche e organolettiche delle uve e dei vini vernaccia per ottenere il miglior blend con i rossi che portassero a un prodotto unico di elevata qualità. Gli studi hanno permesso di evidenziare le caratteristiche di salubrità e le aromaticità peculiari e uniche del vino “Kusidura”».
Già Gran medaglia d’oro in Canada (unico vino Italiano), Medaglia d’oro in Germania, Inghilterra e Giappone, e primo vino della Sardegna a fregiarsi della Denominazione di origine controllata nel 1971, quest’anno la Vernaccia di Oristano Doc Riserva 2004 Silvio Carta ha vinto anche il premio come miglior bianco @5starwines con il punteggio di 96/100 al Vinitaly. Ma sono lontani i tempi in cui i bar in Sardegna richiedevano dai trecento ai cinquecento litri in media a settimana. «I nuovi mercati prediligono vini freschi e leggeri – ha precisato il docente di Microbiologia agraria, Severino Zara –. L’invecchiamento in un legno neutro come il castagno provoca un’importante evaporazione, aumentandone la gradazione fino a 19° e mezzo e a questa si aggiunge l’ossidazione biologica. Ciò che in altri tempi sarebbe stato un pregio ulteriore, oggi ai fini del consumo può essere un ulteriore ostacolo. Oltretutto la vernaccia è tanto resistente come prodotto finito quanto delicato come vitigno». Tutto questo spinge i produttori a optare per la coltivazione di varietà più resistenti e remunerative. Numeri alla mano, dai 1500 ettari lavorati tra gli anni Sessanta e Ottanta del Novecento si è passati ai 435 del 2002 e, nel 2021 gli ettari totali dichiarati tra produzioni Doc e Igt sono stati solo 67 (fonte Laore), seguendo un passo che, senza interventi di alcun genere, potrebbe portare in pochi anni la coltivazione della vernaccia a essere solo un ricordo.
«Il nostro tentativo è quello di offrirle una nuova collocazione, proponendo il nostro blend come vino da tavola per il segmento Premium», ha affermato Elio Carta, Ceo dell’azienda di Baratili e figlio del fondatore. La ditta, che oggi produce oltre ottanta etichette (tra vini, liquori e distillati), non vuole rinunciare a tutelare il prodotto che l’ha vista decollare nel 1951 e che nell’Oristanese ha fatto la storia dell’intero comparto. «Non possiamo abbandonare la nostra storia – ha proseguito Elio Carta – dobbiamo salvare questo vitigno che magari fra venti o trent’anni, se non prima, potrebbe tornare a vendere in modo sorprendente».