Cozze, pesci e carne: ecco come arrivavano illegalmente nei ristoranti
L’indagine nata da un precedente furto avvenuto negli allevamenti dell’azienda Nieddittas
Oristano Buone, forse anche deliziose, ma erano custodite senza tracciamento e cucinate senza le dovute precauzioni di conservazione. Del resto non potevano esserci certezze sulla strada che, dal mare alla tavola per oltre un anno, avessero fatto i prodotti ittici poi serviti in quattro attività di ristorazione del capoluogo e della provincia. Nei giorni scorsi, il blitz della polizia di Stato, della capitaneria di porto e del Dipartimento di igiene e prevenzione sanitaria dell’Asl ha smantellato la filiera dello smercio illegale di cozze, di altre bontà che il mare regala e di carne macellata chissà dove e chissà come. La storia non è conclusa, ma l’indagine condotta dal sostituto procuratore Valerio Bagattini ha portato all’iscrizione sul registro degli indagati di quattro titolari di attività che devono rispondere di ricettazione e impiego, nell’ambito dell’attività di ristorazione, di alimenti di provenienza illecita, non tracciata e talvolta tenuti in cattivo stato di conservazione. Sono i gestori di una pizzeria e di un ristorante di Oristano, di un ristorante pizzeria di Baratili San Pietro e di una pizzeria di Cabras (non sono state fornite indicazioni sull’identità degli indagati, ndr).
L’indagine Tutto era cominciato il 17 ottobre 2023 con un doppio arresto. Una volante della polizia aveva sorpreso nelle acque del golfo di Oristano, nei pressi del canale scolmatore, alcuni pescatori di frodo che avevano appena fatto il carico in uno degli impianti dell’azienda Nieddittas sistemati al largo della spiaggia di Torregrande. Avevano 110 chili di cozze e li stavano portando a terra coperti dal buio. Due di loro erano caduti come pesci nella rete tesa dalle forze dell’ordine, altri due erano fuggiti nonostante l’intervento della Squadra acque interne, uno forse rimanendo a lungo a mollo e l’altro a piedi dopo aver però lasciato la macchina parcheggiata nei paraggi del punto di sbarco. Non era stato difficile risalire anche alle identità dei fuggiaschi, mentre i loro compagni di lavoro venivano processati per direttissima.
La filiera Da quell’episodio, la squadra Mobile aveva avviato indagini ulteriori partendo dall’assunto che, se c’erano dei pescatori di frodo, dovevano esserci anche dei consumatori. C’è voluto del tempo, ma passo dopo passo i poliziotti, coordinati dal dirigente Samuele Cabizzosu, hanno ricostruito l’intera filiera dello smercio di prodotti alimentari. Sui telefonini sequestrati all’epoca ai pescatori c’era una marea di messaggi, molti dei quali facevano inequivocabilmente riferimento ad attività di compravendita. Parecchie erano conversazioni tra clienti privati non punibili e i pescatori venditori; tanti altri svelavano invece il filo diretto che esisteva tra questi e le quattro attività di ristorazione. Secondo gli inquirenti, i contatti e quindi lo stretto rapporto commerciale sarebbero proseguiti anche dopo gli arresti di quattordici mesi fa. Forse sia i pescatori che i ristoratori pensavano fosse acqua passata, invece, sotto l’apparente calma piatta della superficie si stava abbattendo la bufera sulle loro attività.
Il blitz Nei giorni scorsi la polizia, su disposizione della procura della Repubblica, sempre in collaborazione con la capitaneria di porto e il dipartimento di igiene e prevenzione sanitaria dell’Asl, oltre a notificare gli avvisi di garanzia, ha eseguito le perquisizioni. Il velo è caduto e sono arrivate le conferme sul fatto che gli indagati avrebbero contattato con cadenza pressoché settimanale i loro rivenditori di fiducia, organizzando, di volta in volta, le compravendite di ingenti quantità di pesci, soprattutto orate, spigole e muggini, e mitili come cozze, vongole e cannolicchi della cui provenienza nulla si sa. Il sospetto forte è che siano stati acquistati in cattivo stato di conservazione. Le cozze, ad esempio, finivano nei congelatori dopo essere state sgusciate parecchio tempo prima, azione non proprio ortodossa e rispettosa dei canoni della somministrazione di alimenti.
Sequestri e sanzioni L’esito delle perquisizioni è stato quello che ci si poteva attendere. Gli alimenti non tracciati sono stati sequestrati. Per lo più sono prodotti ittici, ma nei congelatori c’erano anche carni e salumi, privi di documenti che ne attestassero la provenienza. Anche sullo stato di conservazione c’è poi alquanto da ridire: i maialetti, ad esempio, erano finiti nel freezer avvolti in bustoni di plastica. In totale sono stati sequestrati oltre duecento chili di prodotti alimentari, di cui centoventi chili di pesce e ottanta di carne. Questo, oltre alle contestazioni penali per le quali è in corso il procedimento, ha portato a rilevare anche numerosi illeciti amministrativi per l’ammontare di diverse migliaia di euro a carico di ciascun ristoratore, la cui attività di somministrazione ora rischia di essere sospesa per diverso tempo. Sbrigate le pratiche e valutate le varie situazioni a breve dovrebbero arrivare i sigilli.