Monsignor Carboni: «Il mondo non può essere solo crudeltà»
Il messaggio di Natale dell’arcivescovo di Oristano e vescovo di Ales-Terralba cita Emily Dickinson e Madelaine Delbrel
Oristano L’arcivescovo arborense e vescovo della diocesi di Ales-Terralba monsignor Roberto Carboni ha divulgato il suo messaggio pubblico di auguri nei giorni che precedono il Natale, facendo riferimenti a vari aspetti della religiosità, della vita quotidiana e della società non solo oristanese. È quasi una tradizione che la guida spirituale della chiesa cattolica locale anticipi con un messaggio pubblico quello che poi terrà in chiesa davanti ai fedeli nel giorno della Natività di Cristo. Lo pubblichiamo integralmente: «Da tempo siamo ostaggi di parole dure come pietre e acuminate come coltelli, di violenza quotidiana riproposta infinite volte dai mezzi di comunicazione, amplificata, scrutata da ogni parte e che penetra nel nostro cuore e nella nostra mente come una radice insidiosa, capace di frantumare la roccia. Distruzione, morte, feriti, macerie, pianto... La crudeltà e ripetitività delle immagini e delle parole, dei pensieri e delle azioni, ci assedia, stendendo una coltre nera che ci impedisce di vedere oltre, spargendo attorno a sé un senso di ineluttabilità: Cosa ci vuoi fare? Il mondo è così… ci ripetiamo. Eppure, il mondo non è solo così... c’è anche altro. C’è la saggezza e la bellezza della quotidianità fatta di piccole cose; del bene sussurrato, della gentilezza che affiora in semplici gesti, della carità silenziosa ma efficace.
È l’abitudine che ci parla di speranza: la madre che accudisce il figlio, il lavoratore che esce presto da casa per portare avanti il suo compito, chi spazza le strade e chi porta i giornali. Scaldare l’acqua, fare il caffè, salutare con un buongiorno, spegnere le luci, ringraziare per le medicine... Chi meglio della poesia di Emily Dickinson può dirci la normalità che salva: “Se io potrò impedire a un cuore di spezzarsi non avrò vissuto invano. Se allevierò il dolore di una vita o guarirò una pena o aiuterò un pettirosso caduto a rientrare nel nido, non avrò vissuto invano”. Da cosa si misura la grandezza di una vita, qual è il segno che ci dice che esiste una speranza? Madelaine Delbrel chiamava le passioni quotidiane quella fila serrata in ranghi di occupazioni semplici, banali, ripetitive, che fanno la nostra santità, ma senza la nostra gloria; ci danno un martirio senza la palma, ma che tuttavia hanno valore per lo sguardo penetrante di Dio. Dentro queste pazienze vi è la speranza e la perseveranza di tanti uomini e donne di bene che non si scoraggiano.
Come ha detto qualcuno: “La maggior parte delle cose importanti nel mondo sono state compiute da persone che hanno continuato a provare quando sembrava che non ci fosse alcuna speranza”. Ecco, il Natale del Signore è l’ostinazione di Dio che ancora una volta ci vuole uomini e donne di speranza; un invito a ritentare anche quando c’è attorno a noi oscurità e tutto sembra parlare di debolezza. Anzi, è proprio il Natale di Gesù a fare sintesi della fragilità: una coppia di genitori che non sanno dove sistemare il loro bambino; una piccola creatura indifesa e perseguitata appena venuto al mondo; il corteo di pastori emarginati e impauriti che lo ossequiano... Eppure, questo piccolo seme è divenuto un albero gigantesco dove troviamo riparo. (Mc4,30-32) Questo è il Natale cristiano, la celebrazione della nascita di Gesù: accogliere nelle nostre mani la speranza quotidiana che Dio ci offre e seminarla, in un mondo che spesso si presenta sassoso e pieno di spine. Ma sappiamo che la forza di questo piccolo seme è quello, nonostante tutto, di portare frutto: il trenta, il sessanta e il cento per uno (Mc 4,8). Auguri di un Santo Natale 2024!»