Sorpresa durante il restauro di un edificio: c’è un antico muro romano sotto l’intonaco
In via Garibaldi il ritrovamento a pochi metri dal convento delle suore clarisse
Oristano Il centro storico cittadino continua a restituire importanti pezzi di storia antica, che meritano di essere conosciuti dagli oristanesi e valorizzati dagli studiosi. Ne è un esempio il muro romano individuato all’interno di un’antica costruzione in via Garibaldi, a pochi metri dal convento delle Clarisse, nella parte più vecchia della città, di proprietà di Duilio Tanchis, per la quale il proprietario ha fatto richiesta perché diventi monumento di importanza storica.
«La struttura era di proprietà dell’archeologo, storico e uomo di cultura Peppetto Pau, che accettò di cedermela a condizione “che ne facessi un laboratorio per il restauro”. La notizia si può leggere in un libro, scritto dallo stesso Peppetto Pau, su Oristano – spiega Duilio Tanchis, fondatore e direttore della scuola di restauro dell’Accademia di Brera e insegnante nell’Accademia di belle arti di Sassari –. La struttura, nel tempo, è passata attraverso molte mani: è stata affittata e adibita a deposito per le granaglie, e, probabilmente, adibita anche a sinagoga almeno fino agli anni ’50 del secolo scorso, tant’è che molti la conoscevano come Sa domu de i giudeos ovvero la casa degli ebrei. Io stesso, durante i lavori di recupero, ho trovato diversi bigliettini scritti in ebraico».
La casa sorge nel punto più alto della città antica, dove, probabilmente, esistevano un insediamento nuragico e poi uno romano. A rivelare la sua storia è un muro, sicuramente di età romana, riemerso dopo la rimozione dei molteplici strati di intonaco applicati nel tempo dai vari proprietari. «Sopra il muro romano – spiega Sacha Adamo, la compagna di Duilio Tanchis – è stato realizzato quello risalente al primo periodo giudicale e quindi al medioevo, intonaco la cui presenza prosegue anche nelle strutture adiacenti e, probabilmente, fino al convento di Santa Chiara». I lavori di recupero sono durati alcuni anni, «ma ne è valsa davvero la pena. Oggi quella che un tempo faceva parte della struttura difensiva del “castro”, il blocco fortificato della vecchia città, aiuta a comprendere meglio come fosse organizzata la città al tempo dei Giudici – dicono Tanchis e Adamo –. Tempo fa sono state effettuate indagini con il georadar, che hanno rilevato la presenza di zone vuote. Erano stanze? O addirittura camminamenti che univano la residenza del giudice, prima che questa venisse trasferita in piazza Manno, con altri ambienti del castrum? Purtroppo quei vuoti non sono mai stati indagati con metodo scientifico, pertanto oltre alle ipotesi non si può andare».
All’interno della struttura di Duilio Tanchis c’è un pozzo, uno dei tre presenti nell’area, le cui tecniche di costruzione portano a una datazione imprecisata, ma sicuramente molto antica. I documenti in possesso del proprietario e quelli attestati nei libri di Peppetto Pau, dello storico Francesco Cesare Casula e di altri studiosi, parlano della presenza di alcune torri difensive erette per controllare il territorio circostante il castrum, allo scopo di prevenire eventuali attacchi provenienti dall’esterno. Parte di queste strutture, seppure ridimensionate nel tempo, è ancora visibile.
Come voleva Peppetto Pau, la struttura, a breve, ospiterà il laboratorio privato per lo studio delle tecniche antiche attraverso il restauro. A gestirlo sarà Sacha Adamo, docente nella scuola di restauro dell’Accademia di belle arti di Sassari e per cinque anni in quella di Brera e grande esperta del settore.
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