Si ferma l’industria chimica a Ottana
“Polimeri”, bloccata la produzione del Pet. Lo stop fa paura alla Cgil («Durerà a lungo»), meno pessimista la Cisl
OTTANA. Qualche settimana fa la fermata degli impianti per la produzione di Pta, la materia prima necessaria alla lavorazione del Pet, la plastica vera e propria utilizzata in particolare per le bottiglie. Ora il blocco della produzione dello stesso Pet: insomma, a Ottana Polimeri si ferma tutto, e i sindacati lanciano l’allarme. Quanto durerà? In mancanza di notizie certe da parte dell’azienda del gruppo Clivati, non resta che affidarsi alle previsioni dei sindacati. Almeno sei mesi, dicono alla Cgil: «Si delinea uno scenario che non lascia immaginare nulla di buono», scrivono in un documento i segretari della Filctem Sergio Zara e della Funzione pubblica Sandro Fronteddu, chiamati ad affrontare il problema da due differenti benché complementari punti di vista: il primo a difesa dei lavoratori di Ottana Polimeri, che sono circa 120, il secondo di quelli del Consorzio industriale, ente che vede nel gruppo Clivati il suo maggior committente e che teme per la salvaguardia dei posti di lavoro (una ventina).
Alla Cisl la pensano in modo diverso, e buttano acqua sul fuoco dell’allarmismo. «I sei mesi riguardano il pregresso, cioè il totale della fermata degli impianti da un anno e mezzo a questa parte – dice Katy Contini, segretaria della Femca –. La cassa integrazione concessa all’azienda il 15 marzo scorso invece durerà 13 settimane e i lavoratori ne usufruiranno a rotazione, per un periodo ciascuno di 4 o 5 giorni al mese. Nel frattempo usufruiranno di ferie o andranno alla collegata Ottana Energia per un affiancamento formativo. Gli impianti si fermeranno per manutenzioni ma non per un periodo così lungo. Siamo in un periodo di forte crisi per il mercato internazionale del Pet, la preoccupazione c’è, ma è bene non provocare inutili allarmismi e lavorare insieme per soluzioni alternative». In questo senso Contini dice di aver ricevuto rassicurazioni dallo stesso Paolo Clivati, amministratore unico di Ottana Polimeri (e di Ottana Energia, la centrale elettrica).
Tra le due analisi della situazione, la cartina al tornasole probabilmente è nell’allarme lanciato a sua volta dal consorzio industriale, che ha già stimato quanto peserà la fermata di Ottana Polimeri sulle proprie casse: almeno settecentomila euro. L’azienda di Clivati infatti è il principale committente del consorzio, in particolare per il servizio di depurazione. Il presidente Michele Corda insomma è molto preoccupato, e infatti ha già detto ai sindacati che se la situazione non muterà dovrà mettere mano agli “assetti organizzativi” del consorzio stesso (leggi sfoltire il personale).
Che siano fondate o meno le paure dei sindacati, di sicuro il mercato del Pet sta vivendo una situazione molto critica. Lo stesso Clivati lo ha di recente definito un «momento terribile» per via della concorrenza extraeuropea che penalizzerebbe, insieme al cambio euro-dollaro, i produttori di casa nostra, gruppo Clivati in testa («siamo rimasti gli unici produttori italiani di Pet», dice l’industriale).
Proprio in queste settimane il gruppo formato dall’imprenditore lombardo e dalla multinazionale Indorama sta partecipando all’asta per l’acquisto degli impianti Pet di Artenius Italia a San Giorgio di Nogaro, in provincia di Udine, attualmente appartenente a una società spagnola in fase di liquidazione. Stabilimento che non produce Pta, cioè la materia prima destinata alla realizzazione del Pet, e che dunque secondo Clivati sarebbe complementare all’attività della fabbrica di Ottana (che infatti vendeva proprio all’impianto friulano buona parte del proprio Pta). A queste difficoltà si aggiungono quelle legate all’altra società del gruppo Clivati nella piana industriale di Ottana, la centrale elettrica. Per tutto il 2014 Ottana Energia usufruirà ancora del cosiddetto regime di essenzialità concesso dall’Authority per l’energia e il gas, che prevede la fornitura per la sicurezza della rete elettrica nazionale in regime di prezzi amministrati, cioè fuori mercato. Resta l’incognita del 2015, anche perché è stata definitivamente accantonata l’ipotesi di convertire da olio combustibile a carbone la centrale, ma la necessità di un revamping era una condizione posta dal governo per accedere all’essenzialità.
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