Vertenza entrate, presentato il conto
La Giunta invia il dossier a Roma: 754 milioni fra arretrati e quota per il 2014. In bilico altri 230 milioni di riserve erariali
CAGLIARI. Seicentoquattro milioni di arretrati, dal 2010 al 2013, più 150 milioni per l’anno in corso. È il conto presentato dalla Regione al ministero delle Finanze per la seconda puntata della ancora mai conclusa Vertenza entrate. A scrivere e inviare il dossier è stato l’assessore al Bilancio, Raffaele Paci. Nel pieno della bagarre con l’opposizione sul prossimo assestamento della Finanziaria 2014, Paci aveva fatto sapere che «la Giunta non vuole certo rinunciare certo ai diritti della Sardegna». Poi, proprio per ieri, aveva annunciato l’invio del dossier ed è stato di parola.
Tre punti. È dal 2010 che la Sardegna non incassa quanto dovrebbe fra Ires, l’imposta a carico delle imprese, lotterie di Stato e «riserve matematiche». Nell’ordine: la prima voce riguarda i soldi versati allo Stato dalle imprese che hanno sede legale fuori dalla Sardegna, ma uno o più stabilimenti nell’isola. Per legge una quota dell’Ires spetta alla Sardegna, la Sicilia l’ha già ottenuta, ma da anni il ministero sfugge e non decide. Stesso atteggiamento Roma ha sulle entrate che arrivano dai «Gratta-e-vinci» e dalle altre lotterie: una percentuale di quanto incassato in Sardegna deve essere riconosciuto e trasferito alla Regione, ma dal 2010 che lo Stato continua a tenere tutto per sé. Se su questi due punti, almeno stando agli auspici, la Giunta è convinta di vincere la partita, più complicato è il confronto sulle «riserve matematiche». Sono le tasse applicate dallo Stato sui depositi versati dalle compagnie di assicurazione e per quelle incassate in Sardegna – è scritto nel dossier – «alla Regione spetta una compartecipazione». Secondo quanto scritto da Paci anche in questo caso lo Stato è inadempiente dal 2010.
La strategia. Come dimostrato in tutte le vertenze aperte finora con Roma, la Giunta Pigliaru non è alla ricerca dello scontro per lo scontro: vuole trattate. Di recente Paci è stato molto chiaro sull’obiettivo finale: «Vogliamo trovare un accordo per gli arretrati e, allo stesso tempo, fissare una quota a regime per questo e gli anni successivi». Per il passato, come detto, la richiesta è di 604 milioni fino a un massimo di 700, mentre 150 milioni, minimo di 100, è il tetto della quota annuale. Se lo Stato dovesse accettare la proposta, le compartecipazioni riconosciute alla Sardegna supererebbero a quel punto il tetto dei 5 miliardi e mezzo, è inchiodato dal 2010, al netto degli accantonamenti di 570 milioni (è la rinuncia al gettito tributario) imposti come contributo al risanamento delle finanze pubbliche.
Nuove entrate. Superare l’attuale soglia sarà importante soprattutto nel 2015 (la Finanziaria deve essere presentata comunque entro dicembre) quando ci sarà il passaggio dai vincoli previsti finora dal Patto di stabilità al pareggio di bilancio, cioè «quanto incassa, la Sardegna potrà spendere». Per questo il possibile aumento delle entrate è un passaggio decisivo. Stando a quanto dichiarato dalla Giunta, «i primi contatti con il mistero e la Ragioneria generale dello Stato sono stati buoni». Bisognerà vedere quale sarà la reazione di Roma quando riceverà il dossier.
L’ultima vertenza. È quella che ruota intorno alle riserve erariali (230 milioni l’anno) che lo Stato vuole imporre alla Sardegna come ennesimo contributo per abbattere il debito pubblico. Lo scontro è di vecchia data ed è all’interno di quei ricorsi che secondo l’accordo di luglio (quello sul pareggio di bilancio) la Giunta s’era impegnata a ritirare entro metà settembre. Poi nel momento in cui la Ragioneria dello Stato ha presentato il conto, la Giunta ha sospeso la clausola e ora chiede che quei 230 milioni restino nell’isola. Per far cosa? Non c’è niente di ufficiale, ma potrebbero essere utilizzati per ridurre il debito pubblico della Sardegna che è intorno al miliardo e mezzo. (ua)