La Nuova Sardegna

Sicurezza e confini, scontro Trump-Hillary

Sicurezza e confini, scontro Trump-Hillary

Il miliardario vuole chiudere le frontiere e reintrodurre la tortura. La Clinton: «Misure irrealistiche»

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NEW YORK. La questione sicurezza irrompe nuovamente, e con forza, nella campagna elettorale americana. Non poteva essere altrimenti dopo le stragi di Bruxelles. E sulle ricette per combattere il terrorismo è scontro tra i candidati alla Casa Bianca, che su questo terreno si giocano grandissima parte delle loro chance di vittoria. Soprattutto Donald Trump e Hillary Clinton, i probabili sfidanti nell’Election Day del prossimo 8 novembre.

Da un lato la linea dura e intransigente del tycoon newyorchese, a favore di misure drastiche come quella di sigillare le frontiere degli Stati Uniti di fronte all’emergenza. Proposta rilanciata in queste ore e che si aggiunge a quella di colpire le famiglie dei “foreign fighter” o a quella di reintrodurre misure di tortura come il waterboarding.

Dall’altra parte c’è l’ex segretario di Stato, che giudica «impraticabili e irrealistiche» le uscite di Trump, considerate pura propaganda e destinate ad acuire le tensioni sociali, nonchè a fomentare ancor di più gli estremisti. Per Hillary, al contrario dei suoi avversari (compreso l’ultraconservatore Ted Cruz che promette «pattuglie armate per mettere in sicurezza i quartieri musulmani») la lotta al radicalismo non può che avere successo partendo dalla collaborazione con le comunità islamiche. Solo così si possono combattere radicalizzazione e reclutamento di militanti da parte dei fanatici.

Una linea molto simile a quella di Barack Obama, che da Cuba nel commentare i fatti di Bruxelles lancia un appello all’unità. Non solo all’interno della comunità internazionale ma anche nella società americana: perchè «solo uniti possiamo sconfiggere il terrorismo», ha detto, «senza guardare alla nazionalità, alla razza o alla fede religiosa». Due visioni opposte, dunque, che spaccano in due un Paese che, guardando a ciò che accade Oltreoceano, si sente ugualmente minacciato. Con l’allerta terrorismo che, da New York a Washington, da Los Angels a Chicago, è di nuovo ai massimi livelli.

E in questo clima gli americani saranno chiamati a scegliere il nuovo presidente. In un’America in cui il dibattito sulla sicurezza è reale, sentito da tutti più di ogni altro tema della campagna elettorale. Non a caso il New York Times - a poche ore da una nuova tornata di primarie in Idaho, Utah e Arizona - interviene di nuovo sulla delicata questione del rapporto tra sicurezza nazionale e libertà civili, chiedendosi se i nuovi attacchi di Bruxelles non mettano definitivamente in luce «tutte le vulnerabilità di una società aperta all’europea».

Un’Europa chiamata sempre più a riflettere su un futuro in cui le prerogative di ogni singolo cittadino potrebbero essere sempre più a rischio, proprio in nome della sicurezza. Del resto come è avvenuto negli Stati Uniti dopo l’11 settembre del 2001.

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