Truffa con il bancomat, la colpa è anche della banca
La Cassazione dà ragione a un cliente cagliaritano. Gli avevano rubato il pin e azzerato il conto. Per i giudici l’istituto di credito doveva vigilare e garantire la sicurezza
CAGLIARI. Chi si fa aiutare da un estraneo durante un prelievo al Bancomat non eccelle certamente per astuzia, ma la banca è comunque tenuta a vigilare sui tentativi di truffa e a garantire al proprio cliente il massimo della sicurezza. È questo l’orientamento espresso dalla prima sezione civile della Corte di Cassazione nel caso di un cagliaritano che il 9 settembre del 1999 s’é visto ingoiare la carta bancomat dallo sportello elettronico della Cariplo - oggi Intesa Bci - per poi trovarsi il conto corrente prosciugato di oltre settemila euro, con la Banca che l’ha liquidato attribuendogli interamente la colpa dell’accaduto. Bocciati i suoi ricorsi al tribunale civile e alla Corte d’appello civile, il correntista della Cariplo - patrocinato dall’avvocato Maurizio Barrella - ha ottenuto dalla Cassazione il rinvio a un nuovo collegio di secondo grado, che dovrà riconsiderare la vicenda alla luce dell’obbligo contrattuale della banca di non favorire la lettura del “pin” e di bloccare immediatamente la carta in caso di funzionamento anomalo. In altre parole i nuovi giudici dovranno stabilire se, come suggerisce la Cassazione, la banca ha avuto in questo episodio, simile a migliaia di altri, la propria quota di responsabilità.
Il fatto è questo: recatosi allo sportello Bancomat dell’istituto di credito in cui era correntista, S.G. ha infilato la carta nell’apparecchio per un prelievo di contante, ma nel display è apparsa prima la scritta «carta illeggibile» e al secondo tentativo «sportello fuori servizio». Sparita la carta nelle fauci dell’apparecchio, ad S.G. non è rimasto che rivolgersi al vicedirettore della filiale, che l’ha congedato con il suggerimento di tornare l’indomani. Ma il peggio doveva ancora arrivare, perché nel giro di quarantott’ore qualcuno ha prelevato dal suo conto più di settemila euro.
Firmata la denuncia il 13 settembre, il correntista ha cercato di ottenere l’intervento - e il rimborso - da parte della banca, che gli ha risposto picche: la denuncia, a detta dell’istituto di credito, era partita troppo tardi. Non solo: il filmato registrato dalla telecamera di servizio dimostrava che al momento del prelievo s’era affiancato a lui un estraneo, col pretesto di aiutarlo. Un personaggio evidentemente abile al punto da memorizzare il “pin” e da recuperare probabilmente nella notte la carta bancomat per eseguire la sequenza di prelievi.
Se i giudici del primo e secondo grado hanno dato ragione alla banca, la Cassazione ha messo nero su bianco osservazioni significative, che potrebbero ribaltare la decisione: se è vero infatti che il correntista è stato imprudente, è vero anche che il dirigente della banca non ha bloccato immediatamente la carta, rimandando la questione al giorno dopo. Per di più l’istituto non è stato in grado di impedire che il truffatore prelevasse cifre ben al di sopra del plafond giornaliero. In altre parole - quelle usate dai giudici supremi - la banca «avrebbe dovuto porre in essere strumenti idonei a garantire gli impianti da manomissione, rispondendo in mancanza dei relativi rischi». D’altro canto il cliente ha segnalato subito il problema al personale dello sportello, che avrebbe dovuto fare tutto il possibile per evitare prelievi clandestini.
La Cassazione ha di conseguenza ordinato ai giudici d’appello di «valutare se il comportamento della banca possa integrare il difetto di diligenza stabilito dal codice civile». Non resta che attendere la nuova sentenza: se come tutto lascia prevedere sarà favorevole a S.G. le banche dovranno alzare il livello di attenzione sull’uso - e sull’abuso - degli sportelli bancomat, a tutto vantaggio dei clienti. Altrimenti pagheranno di tasca. (m.l)