Il grande sogno sull’orlo del flop: la chimica verde ferma al palo
Porto Torres, i progetti di Matrìca non decollano e l’Eni conferma l’intenzione di cedere Versalis Realizzati due impianti su sette, non parte la filiera agricola. La Regione è ottimista: andiamo avanti
SASSARI. A insospettire, cinque anni fa, non fu soltanto chi proponeva ma anche il momento scelto per l’annuncio. C’erano gli operai sulle torri, nelle piazze, c’erano i naufraghi del lavoro sull’isola dell’Asinara quando Eni tirò fuori dal cilindro la carta miracolosa: la chimica verde, il polo bio più grande d’Europa da realizzare a Porto Torres, sulle macerie di un Petrolchimico in agonia e abbandonato proprio dall’Eni. La svolta green fu una sfida, “l’unica scelta possibile”, dissero allora i rappresentanti delle istituzioni che firmarono l’intesa tra mille dubbi. Cinque anni dopo, con appena due impianti su sette inaugurati e l’Eni che ha confermato in più occasione l’intenzione di farsi da parte, tutti i dubbi di allora sono riemersi. La Regione prova a infondere fiducia. Ma la mega rivoluzione assomiglia a un grande flop.
Il sogno irrealizzato. Le date innanzitutto: nel 2017 l’intero progetto sarebbe dovuto essere realizzato. Secondo i piani dell’Eni, la defunta area industriale di Porto Torres avrebbe dovuto assumere l’aspetto di un grande parco verde. Addio alle ciminiere fumanti, via libera a bioraffinerie e impianti a emissioni zero per la produzione di plastiche biodegradabili (sacchetti e posate in mater-bi) ma anche monomeri e lubrificanti utilizzabili nella meccanica e in altri settori produttivi. E poi la centrale a biomasse da 40Mw alimentata da colture intensive, preferibilmente cardi da piantare nelle distese della Nurra. Un sogno che viaggia di pari passo con un altro: quello delle bonifiche da realizzare nell’area disseminata dai veleni lasciati da oltre 40 anni di industria.
I primi intoppi. Nel 2011 e 2012 tutto procede secondo i piani. A dare vita al progetto della chimica verde sarà la joint venture Matrìca, creata da Novamont ed Eni attraverso la società Versalis. Iniziano i lavori e alla fine del 2012 ecco il primo traguardo: la riapertura del laboratorio e centro ricerche. Nel 2014 l’inaugurazione dei primi due impianti, a tagliare il nastro arriva anche l’allora ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti. All’inizio del 2015, con i lavori che procedono a rilento e gli operai sul piede di guerra, Enipower annuncia che non costruirà più la centrale a biomasse che avrebbe dovuto sostituire il vecchio impianto marciante a olio combustibile. Nel frattempo iniziano a circolare le prime indiscrezioni: pare che Eni sia intenzionata a uscire dal progetto. Addio alla chimica, per la seconda volta: dopo lo stop a quella pesante e di base (vedi Petrolchimico e Vinyls), anche la chimica verde non interessa più. Voci confermate l’autunno scorso dall’ad Descalzi, che ha annunciato la volontà di cedere il 70 per cento di Versalis a un fondo straniero.
Le paure. Ora si vive nell’incertezza più assoluta. Perché il fondo d’investimento in pole position per l’acquisizione di oltre due terzi di Versalis (per 1,2 miliardi di euro) è l’americano Sk Capital, che ha appena 40 dipendenti e una solidità finanziaria giudicata insufficiente. In attesa ci sono i lavoratori dell’ex Petrolchimico che la chimica verde avrebbe dovuto riassorbire ma anche quelli dell’indotto, cioè impiegati nelle imprese legate a filo doppio con l’industria chimica. Ma ad aspettare non c’è solo una fila di cassintegrati. C’è un intero territorio che vanta record di disoccupazione, che ha costruito il suo sviluppo sull’industria e che la chiusura delle fabbriche ha lasciato in ginocchio.
La Regione fiduciosa. I sindacati protestano, chiedono alla giunta Pigliaru di non dimenticare Porto Torres. L’assessore regionale all’Industria usa toni rassicuranti. Lei alla chimica verde crede ancora. «Ci credo io ma anche il governatore insieme a tutta la giunta– dice Maria Grazia Piras – e ci stiamo impegnando per portare a casa i risultati». L’assessorato ha finanziato con 20 milioni di fondi europei la costruzione di una caldaia che sostituisca la centrale e nel Psr (Piano sviluppo rurale) ci saranno i bandi per i terreni nei quali coltivare i cardi. E l’addio di Eni? «La preoccupazione è legittima, presto i sindacati saranno convocati dal governatore Pigliaru che in più occasioni ha chiesto il rispetto degli accordi del 2011». I paletti stabiliti da Eni sulla cessione di Versalis non sono giudicati sufficienti da sindacati e lavoratori: il fondo Sk sarebbe vincolato a mantenere gli impianti per almeno cinque anni. L’assessore va oltre: «La chimica verde è il futuro, l’abbiamo capito noi e sono certa che lo capiranno anche gli investitori». Intanto il calendario corre: il 2017 è dietro angolo, il traguardo invece è lontanissimo.
©RIPRODUZIONE RISERVATA