La Nuova Sardegna

L’avvocato di Vacca: «Sentenza epocale»

Il legale ha vinto altre 43 cause per il risarcimento di soldati malati al ritorno da spedizioni belliche

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CAGLIARI. I teatri di guerra sono pericolosi, ma in mancanza di una seria attività di prevenzione i poligoni d’addestramento possono esserlo altrettanto: «C’è un caso molto significativo, quello di Giuseppe Tripoli. Ha lavorato soltanto alla bonifica dei mezzi militari rientrati da missioni di guerra, tanto è bastato perché si ammalasse e morisse». A parlare è Angelo Fiore Tartaglia, che ha vinto con quella che riguarda il sardo Salvatore Vacca 43 cause civili per il risarcimento di soldati ammalati al ritorno da spedizioni belliche. Tartaglia è ormai il nemico numero uno della Difesa, il legale che ha messo i vertici delle forze armate di fronte a responsabilità negate per decenni: «Per anni si è sostenuto che non esistesse alcun nesso di causalità tra l’assunzione di metalli come l’uranio impoverito e le malattie contratte dai militari, la sentenza della Corte d’Appello di Roma non è la sola ad affermarlo ma è probabilmente la più autorevole, una decisione epocale. Ora il discorso è chiuso, la correlazione è dimostrata da ricercatori e scienziati». Autorevole la sentenza lo è di certo e forse è anche definitiva nei termini: il nesso c’è, le argomentazioni difensive del ministero sono franate e nella decisione non appare traccia di incertezze. Ciò che era da sempre oscurato dai dubbi è divenuto realtà giudiziaria inconfutabile: al rischio insito nell’attività militare, i soldati italiani devono aggiungere la possibilità di contrarre una sorta di malattia professionale che finora nessuno aveva riconosciuto. Malattia evitabile con precauzioni conosciute e osservate da altri eserciti.

Tartaglia non cede comunque alla tentazione del trionfo: «Non vorrei che si parlasse di me e vorrei che si parlasse meno dei risarcimenti, in queste vicende ci sono soldati come Salvatore Vacca, che aveva ventitrè anni, morti perché nessuno li ha informati dei pericoli cui andavano incontro, nessuno li ha dotati degli strumenti di protezione e tutto questo l’hanno pagato con la vita». Ma non è solo un problema legato alle zone di guerra,per Tartaglia il pericolo è che altre aree inquinate del mondo vengano abbandonate al loro destino: «Non c’è solo il tema uranio impoverito - spiega il legale - dobbiamo parlare dei rischi connessi a qualsiasi esplosione che avvenga ad alta temperatura. Più è alta la temperatura, più cresce il rischio che nell’ambiente si disperdano polveri di metallo nocive per la salute, spesso letali. Penso a ciò che avviene nei depositi di petrolio, in altri impianti in cui vengono trattati metalli e sostanze pericolose. Il rischio per la salute dell’ambiente e delle persone esiste, non ci sono dubbi. Sarebbe ora che venisse affrontato coi provvedimenti necessari».

Il pensiero corre inevitabilmente ai poligoni militari della Sardegna e all’uso di esplosivi, soprattutto nel sito di Teulada. La relazione dell’epidemiologo Annibale Biggeri - che a breve sarà depositata in procura a Cagliari - esclude che nell’area di Teulada l’incidenza di malattie sia maggiore rispetto alle altre aree dell’isola. Alla luce della sentenza di Roma il lavoro del celebre ricercatore dovrà essere esaminato e analizzato con la massima attenzione, perché la verità giudiziaria emersa alla Corte d’Appello di Roma sia riscontrata in una prospettiva di collaborazione. (m.l)

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