Dieci fari sardi diventano hotel di lusso, entro fine anno i bandi
La Regione affitta per 50 anni le torri, previste solo strutture ricettive di pregio
SASSARI. Addormentarsi guardando lo spettacolo del mare di notte fuori dalla finestra, risvegliarsi col rumore delle onde che si infrangono sulla scogliera sottostante in un ambiente da fiaba. Il sogno diventerà realtà quando il progetto di trasformare dieci vecchi fari sardi in alberghi andrà in porto grazie alla cessione in affitto per 50 anni a privati in grado di ristrutturali e valorizzarli. Sarà poco romantico, è vero, ma è meglio chiarirlo subito: quel sogno non saranno molti a potersi permettere di realizzarlo. Perché l’intento della Regione, in accordo con l’Agenzia del Demanio, è fare di quelle dieci strutture, che nonostante le condizioni di conservazione della maggior parte di esse non sia ottimale dopo anni di abbandono conservano un fascino indiscutibile, degli alberghi di altissimo livello. Con prezzi per poche tasche.
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Aspetto che può far storcere il naso, ma il motivo è presto detto: per far rivivere quegli immobili e malconci custodi delle coste e riportarli a un nuovo splendore occorrono tanti soldi. Da un minimo di mezzo milione per le costruzioni più piccole ai 3,5 milioni di euro per quelle più complesse. Sarà quindi necessario che le opere rendano abbastanza da giustificare il cospicuo investimento. E infatti a far trapelare l’interesse non sono privati qualsiasi, ma grossi nomi di livello internazionale che hanno già fiutato il business di una tendenza che in Europa è sempre più diffusa, con diversi esempi... illuminanti in Croazia, Francia, Norvegia, Scozia, Olanda, tutti improntati sul lusso. L’Italia ha cominciato dalla Sardegna, col faro dei Capo Spartivento, a Chia. A fare più gola sono i fari del nordest dell’isola.
Gli uffici dell’assessorato agli enti locali guidato da Cristiano Erriu si lavora alacremente alla stesura non del bando, ma dei bandi, previsti per la fine dell’anno: uno per ogni faro – fanno sapere dalla Regione –, viste le grandi differenze nella conservazione e nelle esigenze di ciascuna struttura. Le linee per l’opera di ristrutturazione le imporrà la soprintendenza: il bene dovrà restare immutato. Possibile che non si riesca a far decollare tutti i bandi entro San Silvestro, un paio potrebbero slittare. Ciò che interessa è rendere chiari gli aspetti normativi per evitare sorprese, ricorsi, annullamenti.
Le strutture interessate dall’operazione di restyling sono quasi tutte nel nordest: il faro di Razzoli, il faro di Punta Filetto nell’isola di Santa Maria e la stazione di vedetta di Marginetto a La Maddalena, tutte nell’omonimo arcipelago; quindi il faro di Capo d’Orso alle porte di Palau, la stazione semaforica di Capo Ferro ad Arzachena, la stazione di vedetta di Capo Figari a Golfo Aranci (quella da cui Marconi fece un esperimento di trasmissione radio), la stazione segnali di Punta Falcone a Santa Teresa di Gallura. E poi la stazione semaforica di Punta Scorno, all’Asinara; e il faro di Capo Comino, a Siniscola, ancora dello Stato ma il cui trasferimento è vicino: già nominati i membri della commissione paritetica come prevede la legge per i beni di interesse storico-artistico di oltre 70 anni. L’unica costruzione a sud è la stazione segnali di Capo Sperone, a Sant’Antioco.
Alcuni fari sono davvero in pessime condizioni e occorre fare in fretta se si vuole salvarli. Non tutti sono d’accordo con questo progetto, c’è chi teme per la tutela dell’ambiente e della cultura di cui sono testimoni i fari. Ma la Regione ha già ricordato che questi immobili sorgono in zone dichiarate di pubblico interesse, in parchi, aree marine protette o zone Sic. Insomma non si rischia che venga stravolto il loro ruolo di guardiani della bellezza.
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