La scommessa di Spartaco: il fico d’India senza spine
Sardara, un agricoltore 22enne si è specializzato nella coltivazione del frutto: «È una varietà diversa da quella tradizionale, ha anche più polpa e meno semi»
SARDARA. Non c’è rosa senza spine. Ma lo stesso non si può dire per i fichi d'india: Spartaco Atzeni, giovanissimo agricoltore di Sardara, ventidue anni, ha deciso di puntare proprio su una varietà che soddisfa il palato senza il pericolo di farsi male. E la sua azienda a conduzione familiare, con padre e fratello, ha “investito” su questa produzione prima cinquemila, poi altri duemila metri quadri di terreno. E i risultati si vedono: un oscar Coldiretti per la sezione “Campagna amica” appena consegnato a Cagliari. E un business che funziona: tante richieste nel punto vendita di Sardara, nei mercati, nelle sagre. E ora anche attraverso internet con spedizioni che finiscono oltre Tirreno.
In una gag di “Quelli della notte”, programma cult della Rai di oltre trent'anni fa, si vedeva uno dei protagonisti Maurizio Ferrini che non riusciva a parlare per il dolore alla bocca. Che cosa hai? Gli diceva Renzo Arbore. Mi ha fatto mangiare, rispondeva il comico romagnolo, indicando Nino Frassica in versione frate Antonino da Scasazza, i fichi d'India con la buccia. Arbore a quel punto interrogava Frassica come per chiedergli: ma ti sei reso conto di cosa hai fatto? E quello se la cavava con uno dei suoi classici non sense. «L’ho fatto a fin di bene». Tutto questo per dire che ora “lo scherzo” non avrebbe più senso. Almeno a Sardara. «Non è che le spine sono totalmente sparite. Ne hanno meno, ma qualche spina – avverte Spartaco – si rischia di trovarla sempre, ma è un’altra varietà: rispetto al tradizionale “figu morisca” che si trovava in campagna, in quello coltivato c'è anche più polpa rispetto ai semi». Un giusto avvertimento, ma rispetto al passato è sicuramente un’altra storia: tutti ricordano le precauzioni – la rudimentale canna modificata all'estremità per poter staccare il frutto dalla pianta – che babbi e nonni usavano per la raccolta. E il divieto ai bambini di non toccare nulla, quasi come se si stesse maneggiando una granata.
«Nella nostra azienda – spiega il giovane agricoltore – coltivavamo tradizionalmente legumi e ortaggi. Ma spesso nella vendita diretta ci chiedevano anche fichi d’India. Per la commercializzazione le varietà senza spine si prestano maggiormente. E abbiamo iniziato da 5000 metri quadri. Per poi aggiungere altri 2000 metri quadri proprio lo scorso anno». Una scelta di qualità. «Rientra tutto nella politica del chilometro zero-– spiega – meglio consumare i prodotti del nostro territorio. I siciliani hanno il monopolio della produzione europea, ma penso che ci sia lo spazio per le produzioni locali visto che c’è tanta richiesta». L’azienda Atzeni ne produce di tutti i colori. Le varietà prendono il nome di rossa, gialla e bianca. «La rossa – racconta – è molto ricca di antiossidanti. Come gusti? C'è chi dice che è più dolce la rossa, chi la bianca». Il mercato risponde a tutte le stagioni: «Nei primi venti giorni di giugno – spiega – si buttano giù tutti i fichi d'India in fiore: saranno i “bastardoni” d’inverno. Questa tecnica consente di produrre nei periodi più freddi anche quando c'è poca altra frutta locale. Quando la concorrenza è limitata più o meno ad arance e mandarini».
Spartaco si è diplomato al Vignarelli come geometra. Ma poi ha perfezionato la sua passione per la terra, ereditata dai suoi, in un corso per imprenditore agricolo. Con nozioni e insegnamenti che si sono aggiunti a quelli di padre e nonno. «Ho studiato per costruire sulla terra – racconta – ma poi mi sono reso conto che la terra è più bello lavorarla. La campagna deve anche piacere. C’è chi parte e c'è chi resta: la terra dal punto di vista lavorativo non tradisce». Anche quando la produzione è abbondante c’è sempre qualcosa da fare. «Con i frutti agostani– spiega – che, per la quantità eccessiva, rischiavano di essere buttati, abbiamo rivalutato la sapa di fico d’India. Un tempo veniva fatta da chi non aveva vigne o da chi non si poteva permettere di comprare il mosto d’uva. Per un lungo periodo la produzione era stata abbandonata. E invece è innegabile che abbia delle ottime proprietà. Produciamo anche la confettura di fico d’India».
Si vende anche ai turisti: «Molti comprano nella sagre – racconta – ma poi i contatti restano: ho fatto anche spedizioni a milanesi doc, non solo a sardi emigrati che hanno nostalgia e chiedono rifornimenti. Mi sto muovendo anche sulle piattaforme social». Fichi d’India, tutta salute: «Sono molto ricchi di vitamina C e hanno un effetto diuretico – precisa Spartaco – sono molto importanti nelle diete per le poche calorie. È un prodotto molto ricco di fibre importanti per l’intestino e ha effetti lassativi: tutto il contrario della leggenda metropolitana che lo dipinge come un frutto astringente».