La Nuova Sardegna

Riparato il cavo tranciato ma resta il rischio blackout

Riparato il cavo tranciato ma resta il rischio blackout

Il consorzio Janna: preoccupati per gli incidenti che si ripetono con frequenza La linea veloce internet è stata interrotta dalla rete a strascico di un peschereccio

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SASSARI. Il flusso di dati non si è interrotto. Il cavo che tiene la Sardegna legata al resto del mondo digitale ha retto. O meglio è stato riparato nella notte e ha fatto uscire l’isola dall’allarme rosso. Il black-out digitale non c’è stato, ma la Sardegna per sette ore è stata a rischio isolamento. E il traffico dei dati necessari al funzionamento della rete internet in Sardegna per giorni è passato solo dal cavo di proprietà di Telecom Italia che era rimasto l’unico collegamento in funzione conla penisola.

Due dei tre cavi sottomarini che collegano la Sardegna al resto del Paese sono gestiti dal Consorzio Janna, nato nel 2003 su iniziativa dell’assessorato all’Industria della Regione. L’obiettivo era realizzare sistemi Ict (Information e communication technology) per rendere competitivo il sistema informatico sardo. La Regione ha il 49 per cento delle quote di Janna, il resto è diviso da tre operatori privati di Tlc. L’obiettivo era realizzare la continuità territoriale telematica tra l’isola e la penisola attraverso due collegamenti in cavo sottomarino a fibre ottiche tra la Sardegna e il Lazio e la Sicilia.

Il cavo tra Olbia e Civitavecchia è stato tranciato venerdì a 48 chilometri da Olbia, «nella zona dove inizia il canyon», spiegano dal consorzio Janna. Rimasto in funzione il cavo tra Cagliari e Mazzara del Vallo.

L’allarme. Ma il consorzio non vuole nascondere le difficoltà che esistono in questo tipo di collegamento. «Esprimiamo la nostra preoccupazione per il ripetersi di questi incidenti, sia vicino le coste che in mare aperto. Dal 2005 a oggi, infatti, sono ben quattordici i casi di cavi tranciati. Dodici casi si sono verificati nel tratto Cagliari - Mazara del Vallo, e due nel tratto Olbia - Civitavecchia. Tutti, salvo uno, sono avvenuti a poche miglia dalla costa di Cagliari, alcuni addirittura molto vicini alle zone di approdo». Secondo Janna, «i danneggiamenti comportano non soltanto complesse riparazioni in mare. In condizioni ottimali servono in media 2 settimane di lavoro con navi e personale specializzato. Ma soprattutto costi che, dal 2005 al 2017, hanno superato i 2,5 milioni di euro».

Le cause di questi incidenti sarebbero ascrivibili per la maggior parte «ad attività di pesca e in misura minore ad attività di ancoraggio in aree vietate, nonostante i cavi siano segnalati sulle mappe nautiche con il divieto, nelle loro vicinanze, sia di pesca che di ancoraggio. Ancora oggi –conclude il Consorzio – per nessuno degli incidenti è stato possibile risalire ai responsabili e questo rende più inquietante il rischio che tali episodi possano verificarsi altre volte, con gravi ripercussioni sull'economia sarda».

Ma sembra sempre più indispensabile superare lo stato di emergenza costante con un progetto strutturato.

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