Dieci anni dopo la crisi economica, in Sardegna gli occupati sono -44 mila
Raffronto 2007-2017: per l’isola il saldo è ancora negativo, la ripresa va a rilento. E rispetto al 2016 la crescita a livello regionale è stata di appena 82 unità
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SASSARI. Dieci anni di crisi lasciano scorie difficili da smaltire. E la Sardegna, con la sua economia fragile già prima che arrivasse la mazzata, ha tempi più lunghi di altre realtà più fortunate che sono riuscite già a rivedere la luce dal tunnel. A fotografare le diverse situazioni sono i dati sul numero dei posti di lavoro: la differenza tra le percentuali del 2007, anno d’avvio della crisi, e quelli del 2017, considerato l’anno definitivo di ripresa dell’economia italiana. Secondo la ricerca curata dal Centro studi ImpresaLavoro, realizzata su elaborazione dei dati Istat, dal 2016 al 2017 il numero degli occupati in Italia è passato da 22.757.838 a 23.022.959, con un aumento del +1,2% (265.121 unità) che non appare però distribuito in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale con vistose differenze tra il Nord, il Sud e le isole. Ancora più marcate se si esamina il saldo occupazionale dal 2007 al 2017: solo in 40 province su 99 il livello occupazionale è tornato ai livelli pre-crisi del 2007. Negli altri 59 casi il dato del 2017 risulta invece ancora inferiore – a volte in modo sensibile – rispetto a quello di 10 anni prima. Tra le 59 province rimaste indietro ci sono quelle sarde: dalla ricerca viene fuori infatti che nell’isola le province sarde aggregate perdono 43.734 posti di lavoro rispetto al 2007.
Avanti adagio. Tra contratti a termine, apprendistato e tirocini o assunzioni a tempo indeterminato, la Sardegna mostra un mercato del lavoro ancora incerto. Non solo negli anni della crisi in cui si è assistito a uno stop più “democratico” da Nord a Sud dell’Italia, ma anche più di recente, quando invece da più altri il mercato ha ripreso a mostrare segni di vivacità. La differenza emerge mettendo a confronti i dati sull’occupazione 2016-2017. La ricerca dice che i numeri sono aumentati in 57 province mentre sono diminuiti in altre 42. In cima alla graduatoria delle province con il migliore saldo positivo si segnalano al Nord quelle di Milano con Monza e Brianza (+38.277), Brescia (+19.857), Venezia (+19.449) e Padova (+16.036). Nel Mezzogiorno si distinguono quelle di Caserta (+18.857) e Napoli (+17.801) mentre nel Centro la provincia di Roma registra il maggior aumento dell’occupazione (+36.224). E la Sardegna? Le province isolane, presentate in forma aggregata, si salvano per un pelo dal segno negativo: tutte insieme conquistano un saldo positivo appena percepibile, +82 occupati. Niente che faccia sorridere ma neppure piangere: c’è una ripresa, anche se debolissima e quasi insignificante. Ma va comunque meglio di prima: l’isola molto lentamente prova a invertire la rotta.
Decennio pessimo. Molto più negativo è l’altro dato evidenziato nella ricerca del Centro studi ImpresaLavoro. Per quanto riguarda il decennio 2007-2017 la Sardegna affonda tristemente nei bassifondi della classifica. Ancora una volta il dato delle province è aggregato, dunque mette insieme situazioni molto differenti, considerato che la crisi ha pesato in maniera più evidente in alcune zone dell’isola, su tutte il Sulcis. Il finale è comunque questo: - 43.734 posti di lavoro rispetto al 2007. Una delle performance peggiori d’Italia, paragonabile nel Mezzogiorno solo a quelle delle provincia di Palermo (-39.526), Barletta-Andria-Trani più Bari e Foggia (-38.607), Messina (-32.350), Cosenza (-26.849), Lecce (-25.891) e Napoli (-25.693). Nel Nord, ma anche in diverse altre province del Centro d’Italia, la crisi è finita nel dimenticaio. Due esempi: solo a Roma oltre 225mila occupati in più, tra Milano-Monza e Brianza si sfiora quota 100mila. (si. sa.)
Avanti adagio. Tra contratti a termine, apprendistato e tirocini o assunzioni a tempo indeterminato, la Sardegna mostra un mercato del lavoro ancora incerto. Non solo negli anni della crisi in cui si è assistito a uno stop più “democratico” da Nord a Sud dell’Italia, ma anche più di recente, quando invece da più altri il mercato ha ripreso a mostrare segni di vivacità. La differenza emerge mettendo a confronti i dati sull’occupazione 2016-2017. La ricerca dice che i numeri sono aumentati in 57 province mentre sono diminuiti in altre 42. In cima alla graduatoria delle province con il migliore saldo positivo si segnalano al Nord quelle di Milano con Monza e Brianza (+38.277), Brescia (+19.857), Venezia (+19.449) e Padova (+16.036). Nel Mezzogiorno si distinguono quelle di Caserta (+18.857) e Napoli (+17.801) mentre nel Centro la provincia di Roma registra il maggior aumento dell’occupazione (+36.224). E la Sardegna? Le province isolane, presentate in forma aggregata, si salvano per un pelo dal segno negativo: tutte insieme conquistano un saldo positivo appena percepibile, +82 occupati. Niente che faccia sorridere ma neppure piangere: c’è una ripresa, anche se debolissima e quasi insignificante. Ma va comunque meglio di prima: l’isola molto lentamente prova a invertire la rotta.
Decennio pessimo. Molto più negativo è l’altro dato evidenziato nella ricerca del Centro studi ImpresaLavoro. Per quanto riguarda il decennio 2007-2017 la Sardegna affonda tristemente nei bassifondi della classifica. Ancora una volta il dato delle province è aggregato, dunque mette insieme situazioni molto differenti, considerato che la crisi ha pesato in maniera più evidente in alcune zone dell’isola, su tutte il Sulcis. Il finale è comunque questo: - 43.734 posti di lavoro rispetto al 2007. Una delle performance peggiori d’Italia, paragonabile nel Mezzogiorno solo a quelle delle provincia di Palermo (-39.526), Barletta-Andria-Trani più Bari e Foggia (-38.607), Messina (-32.350), Cosenza (-26.849), Lecce (-25.891) e Napoli (-25.693). Nel Nord, ma anche in diverse altre province del Centro d’Italia, la crisi è finita nel dimenticaio. Due esempi: solo a Roma oltre 225mila occupati in più, tra Milano-Monza e Brianza si sfiora quota 100mila. (si. sa.)