Covid, i medici di base: sì ai test in Sardegna ma ci diano le strutture
Nevisco, segretario della Fimmg: «Noi siamo pronti a fare i tamponi antigenici. La Regione deve metterci nelle condizioni di lavorare in sicurezza ma non lo fa»
SASSARI. I medici di famiglia sono pronti a fare i test rapidi, non hanno alcuna intenzione di tirarsi indietro, ma chiedono alla Regione di metterli in condizione di operare in sicurezza. La Fimmg è l’organizzazione sindacale più rappresentativa dei medici di famiglia ed è anche quella che a differenza di altre ha sottoscritto l’accordo con il governo che dà la possibilità di effettuare i tamponi antigenici dai medici di medicina generale. Ma per ora sono pochi i medici che hanno deciso di fare i test nei propri ambulatori. Troppi rischi. «Purtroppo in Sardegna, a differenza di altre regioni, non si è mai sviluppata la medicina territoriale – spiega Umberto Nevisco, segretario regionale della Fimmg –. È sempre stata trascurata. Non sono state create le strutture organizzative di sostegno a una medicina territoriale adeguata ai servizi che le vengono richiesti. E nel momento in cui ai medici di base viene domandato di effettuare i tamponi bisogna prima vedere se sussistono le condizioni di sicurezza e organizzative tali per poterli eseguire». Nevisco cita direttamente l’accordo nazionale sottoscritto l’altra settimana con il governo. «Dice in modo esplicito che questi tamponi non devono essere fatti negli studi propri. Basta prendere l’articolo 3 comma 3: le regioni organizzano i test rapidi nelle sedi messe a disposizione dalle aziende o agenzie. Ma la Regione Sardegna questo non lo vuole capire».
Alcuni medici però hanno già iniziato a effettuare i tamponi nei loro ambulatori. «Certo, un medico può decidere di effettuare i tamponi nel proprio studio e deve darne comunicazione all’azienda sanitaria. Evidentemente ci sono le condizioni per cui possa operare in sicurezza nel suo ambulatorio. Ma da qui a dire che siamo tutti obbligati ce ne passa. Noi stiamo dando la massima disponibilità, ma se la Sardegna avesse avuto strutture adeguate per la medicina territoriale il problema non si sarebbe posto». La Fimmg, dunque, chiede alla Regione di creare le condizioni affinché anche in Sardegna i medici di base possano fare tutti i test rapidi. «Il singolo può farli nel suo studio, ma per il grosso dei medici serve una organizzazione. L’accordo prevede due milioni di test in due mesi. Che divisi per i circa 55mila medici di famiglia significano 20 tamponi al mese, 5 a settimana. In Sardegna i circa 1165 medici di base avranno a disposizione 40-45mila tamponi in due mesi. Noi siamo pronti a fare la nostra parte ma la Regione deve dare la possibilità ai medici di potersi aggregare, mettendo loro a disposizione le strutture per i test».
In attesa che si trovi una soluzione a questo braccio di ferro, Nevisco tiene poi a sottolineare quanto, causa emergenza Covid, l’attività dei medici di famiglia si sia sovraccaricata. «Diminuzione delle attività specialistiche, uffici chiusi: in questi mesi alcune funzioni sono state spostate sui medici di base. Senza contare l’aspetto burocratico. Se noi veniamo a conoscenza di un contatto di un positivo dobbiamo comunicarlo al servizio igiene - tre fogli da compilare o invio telematico - e all’Usca - 5 fogli da compilare e nessuna possibilità di fare le cose in via telematica. E spesso non c’è sincronia tra segnalazioni ed emissioni. Non è per nulla semplice lavorare in questo ginepraio. Noi siamo disposti a ritagliare spazi di tempo per i tamponi, ma servono organizzazione e sicurezza. Basta buttare la croce sulla medicina generale».