La Nuova Sardegna

Sassari, battaglia tra periti: chi c’era al timone la notte del naufragio?

Luigi Soriga
Sassari, battaglia tra periti: chi c’era al timone la notte del naufragio?

In ballo i soldi dell’assicurazione e la responsabilità di 2 lutti. Il processo a giugno, chiesti nuovi accertamenti autoptici

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SASSARI. La prossima udienza è fissata a giugno e il processo si gioca su una discriminante: chi era al timone della barca? Chi è andato contro gli scogli affioranti? Insomma, chi è il responsabile di omicidio colposo? Perché l’assicurazione risarcisce solo il terzo trasportato e per chi era alla guida scatta anche il sequestro del patrimonio. Tonio Spanu, dentista di Sennori di 70 anni, e Giovanni Di Maria, urologo sassarese di 69, erano grandi amici. Ma dopo la morte dei due medici le famiglie si ritrovano una contro l’altra in un processo, ciascuna a sostenere la propria verità.

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La notte tra venerdì 10 e sabato 11 agosto 2018 era densa e senza luna. Le luci del Rasciada Club, vicino a Lu Bagnu come unico appiglio visivo, ma percezione delle distanze distorte dall’oscurità. Il semicabinato Quick Silver da 6 metri e 40 fa la spola in quello spicchio di mare piatto e insidioso. Un testimone vede prima muoversi lentamente una luce rossa, poi una luce verde. È probabile che chi è al timone stia cercando la secca giusta dei calamari. Tonio Spanu ormeggiava da anni la pilotina a Castelsardo, andava abitualmente a pescare, quindi era perfettamente consapevole che il tratto di mare davanti al Rasciada Club è disseminato di secche. Le prime sotto costa, a una cinquantina di metri, e poi uno scoglio isolato che affiora altri 100 metri più a largo. Alle 21,15 Di Maria chiama la moglie e le dice che di lì a breve sarebbero rientrati in porto. Sono circa le 22. La barca va a finire sopra uno spuntone affiorante, che recide la carena a prua come fosse una scatoletta di tonno. Lo squarcio è lungo un metro. Il Quicksilver imbarca acqua rapidamente e in meno di un minuto si inabissa. Un ospite del villaggio racconterà: ho visto come una luce sott’acqua, sembrava un sub con la torcia. Nella poppa dell’imbarcazione però ci sono altre lesioni, sopra la linea di galleggiamento accanto al motore. La pilotina si è posizionata come una boa, con la poppa in fondo a sbatacchiare sulla scogliera e la prua fuori dalla superficie. L’autopsia eseguita dal medico Salvatore Lorenzoni fornisce alcuni elementi utili sulla dinamica. Innanzitutto l’andatura: la barca ha impattato sulla secca a velocità ridotta. E questo è confermato anche dal testimone oculare. Infatti le salme non hanno ecchimosi e contusioni, mentre un urto improvviso e a più di 5 nodi avrebbe sbalzato in avanti gli occupanti procurando urti e lividi. Invece l’esame non evidenzia un graffio.

I periti di parte della famiglia di Di Maria invece contestano queste risultanze, e sono convinti che il medico sia morto per rottura del rachide. Di Maria secondo loro non guidava, non si è tenuto al momento dell’impatto, e avrebbe sbattuto fatalmente la testa. Per questo hanno chiesto la riesumazione del cadavere e una nuova autopsia. La quale, anche se dovesse far emergere una morte non per annegamento ma per il collo rotto, non risolverebbe comunque il mistero di chi fosse alla guida.

Per ora si possono fare solo delle supposizioni. Il corpo di Giovanni di Maria è stato ritrovato sott’acqua all’interno della cabina. Potrebbe aver provato ad afferrare i giubbotti salvagente, custoditi in un gavone, e forse a passarne uno all’amico. Infatti il giubbottino è stato ritrovato l’indomani mattina a poca distanza dal cadavere di Spanu. Ma l’inabissamento così rapido deve aver colto di sorpresa Di Maria. E purtroppo, se di notte ti ritrovi sott’acqua, magari in situazione di panico, non è facile decifrare quale sia il sopra e il sotto. Nuoti convinto di andare in superficie, e invece vai ancora più giù.

Invece Pier Tonio Spanu è riuscito a tuffarsi, probabilmente con in mano il giubbotto che non è riuscito a indossare, e deve aver provato a raggiungere a nuoto la riva. Ma era cardiopatico, con un pacemaker, e la fatica e lo shock potrebbero essere stati fatali. Il suo corpo è stato ritrovato, su uno scoglio. Di Maria, che era una persona estremamente precisa e prudente, secondo i familiari non avrebbe mai accettato di guidare di notte in un tratto di mare disseminato di insidie, soprattutto una imbarcazione non sua. D’altro canto però, la relazione di un carabiniere che ha presenziato al recupero dei corpi, suggerirebbe l’esatto contrario: Di Maria alla guida e Spanu sbalzato fuori al momento dell’impatto. E non sarà per nulla semplice, per i giudici, scegliere tra l’una o l’altra versione. Sarà un processo che si risolverà sulla base di minuscoli dettagli, probabilmente ancora da definire e portare in aula.
 

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